Così la Corte d'Assise della città bruzia ha smontato le tesi della Dda di Catanzaro, criticando il contributo narrativo dei collaboratori di giustizia Adolfo Foggetti, Daniele Lamanna e Franco Bruzzese
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Gli elementi cardine su cui si fonda la sentenza della Corte d’Assise di Cosenza, contro i fratelli Luigi e Marco Abbruzzese, sono sostanzialmente sei: il contegno “neroniano”, o per meglio dire “hollywoodiano” del presunto pollice verso di Francesco Patitucci; l’inaffidabilità del collaboratore di giustizia Franco Bruzzese; i contrasti tra i pentiti Daniele Lamanna e Adolfo Foggetti; il non interesse dei “Banana” nel commettere l’omicidio dell’ultimo boss dei “Bella bella” di Cosenza; l’inesistente concorso eventuale o tentativo di concorso nel delitto (in questo caso di mafia).
Passaggi contenuti nelle motivazioni depositate dal presidente Paola Lucente e dal giudice a latere Marco Bilotta, i quali hanno ripercorso tutta la vicenda processuale, partendo dal dato secondo cui ci si trovava davanti a un delitto già “chiuso”, che era stato riaperto dalle ulteriori propalazioni dei collaborati di giustizia cosentini. «La morte di Luca Bruni, scomparso all’alba dell’anno 2012 e poi a distanza di qualche anno rinvenuto cadavere, è stata attribuita all’azione organizzata di un gruppo di individui, appartenenti tutti al cosiddetto clan “Rango-zingari”, di stampo ‘ndranghetistico, all’epoca in fase di sostanziale affermazione nel panorama criminale cosentino».
«Il movente dell’omicidio – si legge nel provvedimento di primo grado – è articolato e risiede in convergenti necessità: da un lato evitare che Luca Bruni si ponesse al vertice della cosca omonima, apparendo unica voce dissonante rispetto alla volontà di creare una sorta di confederazione tra i gruppi criminali cosentini con conseguente ripartizione dei proventi illeciti; dall’altro, scongiurare il rischio supposto che lo stesso Luca Bruni potesse avviare una collaborazione con la giustizia». Pretesto che sarebbe emerso dalle carte del processo “Telesis”, sottoposte all’attenzione dell’allora capo società della cosca “Rango-zingari”, Franco Bruzzese.
Omicidio Luca Bruni, le valutazioni contro i pentiti cosentini
I giudici cosentini, inoltre, hanno criticato velatamente il narrato di Adolfo Foggetti, rimarcando al tempo stesso che le dichiarazioni del “Biondo”, siano state comunque valorizzate nel modo giusto in altre sedi giudicanti, per addivenire alle condanne di Maurizio Rango (ergastolo), Franco Bruzzese (10 anni), Daniele Lamanna (10 anni), e ovviamente di se stesso.
A ciò si collega, quindi, la famosa riunione tra “zingari” e “italiani”, assenti nelle prime dichiarazioni auto ed etero-accusatorie di Foggetti. La Corte, in tal senso, ha messo in discussione non tanto il fatto che Patitucci potesse realmente aver fatto il gesto del “pollice verso” per decretare la morte di Luca Bruni, quanto il peso attribuito ad entrambi i clan sulla deliberazione del delitto, «ripensato più come “un fatto degli zingari” che come “un fatto anche degli italiani”».
Dall’istruttoria dibattimentale, secondo il collegio giudicante, sono emerse sfumature di contrasto, circa la presenza e la partecipazione di Luigi e Marco Abbruzzese, alle fasi precedenti all’esecuzione materiale dell’omicidio, evidenziate da ciò che hanno dichiarato sia Adolfo Foggetti che Daniele Lamanna. Ma i passaggi più rilevanti, ai fini della decisione, arrivano quando la Corte d’Assise di Cosenza parla di Franco Bruzzese, indicandolo come il “primo” mandante del delitto, il quale aveva descritto il ruolo operativo avuto dai fratelli Abbruzzese, nell’ambito criminale di Cosenza e dintorni, ovvero quello di gestire il mercato dello spaccio di eroina.
Omicidio Luca Bruni, le quattro versioni di Franco Bruzzese
La Corte, analizzando ciò che aveva detto Bruzzese, ha rilevato quattro versioni sull’accaduto:
- Nel primo verbale del febbraio 2016 Bruzzese dichiarò che la sera dell’omicidio fu raggiunto da Rango, Sottile, e uno dei figli di “Banana”, non ha ricordato con precisione se fosse Nicola o “lo struzzo”; che costoro si occuparono del seppellimento del cadavere;
- Nelle successive deposizioni (marzo e maggio 2016) non vi sono riferimenti alla presenza dei fratelli “Banana”, sia in fase deliberativa che sul luogo del delitto, nonostante se ne parli;
- Nell’interrogatorio del 7 dicembre 2018 si fa riferimento alla presenza dei “Banana” nel corso di numerose riunioni deliberative dell’omicidio di Luca Bruni nonché alla presenza di Nicola, Luigi e Marco sul luogo ed al momento del delitto, poi presso la sua abitazione a rendergli conto;
- Il 10 dicembre 2018 ebbe a ribadire quanto riferito qualche giorno prima salvo specificare che sul luogo del delitto, se non tutti e tre, certamente due dei fratelli “Banana” erano presenti, posto che furono proprio loro a giungere sotto casa sua per riferirgli.
Omicidio Luca Bruni, perché gli Abbruzzese sono estranei all’esecuzione del delitto di mafia
Nel riepilogare i punti salienti che hanno portato all’assoluzione di Lugi e Marco Abbruzzese dal reato di concorso in omicidio, la Corte scrive:
- «La testimonianza di Lamanna soffre per un deficit di credibilità specifica contro i due imputati, che mal tollera. Non li accetta nelle riunioni. Di Luigi dice poco se non nulla. Manifesta il timore che Marco lo struzzo potesse ucciderlo e preferisce sporcare la sua mano del sangue dell’amico Bruni piuttosto che lasciare ai posteri l’autorità dell’omicidio in capo a costui».
- «Celestino Abbruzese supera, tutto sommato, il vaglio di credibilità, nonostante il ventilato astio tra la sua famiglia nucleare e la nuova compagna di vita Anna Palmieri, le cui dichiarazioni peraltro mostrano il fianco ad una critica, puntualmente tradotta in contestazione».
Secondo i giudici della Corte d’Assise di Cosenza, «Micetto si mostra poco attendibile nel riferire della partecipazione di Marco a un agguato con un kalashnikov, mostrando confusione nel descrivere l’episodio in cui Marco avrebbe dovuto eseguire un mero intervento “ad adiuvandum” quando invece Bruzzese, Lamanna e Foggetti, riferiscono come fosse proprio lui l’incaricato dell’esecuzione».
Mentre “Franco Bruzzese non sembra affidabile nello specificare, in relazione all’omicidio Bruni, chi era presente». E aggiungono: «Come visto, è altalenante la presenza di uno solo o di due o di tre fratelli Abbruzzese sul luogo e al momento del delitto e nelle fasi immediatamente successive. Il teste soffre della sua posizione processuale di teste “de relato”, sebbene nella veste sostanziale di mandante, e quindi, correo».
La Corte d’Assise chiarisce, inoltre, che «il giudizio espresso sulle fonti dichiarative non è di natura assoluta, ma deve tenersene conto in considerazione delle specifiche risultanze che da quelle fonti si colgono». A tal proposito, i giudicanti affermano che gli Abbruzzese erano presenti ad alcune delle riunioni preliminari, evidenziando come Marco Abbruzzese fosse «certamente» presente il giorno dell’omicidio, «nella fase successiva alla sua esecuzione in specie quella del seppellimento del cadavere».
Omicidio Bruni, la ricostruzione di un pentito è inaffidabile
Per chiudere il cerchio su questo aspetto, la Corte d’Assise sentenzia così: «La tesi preferibile è che Bruzzese sia inaffidabile e che quindi Marco Abbruzzese non sia presente al momento degli spari. A quanto in precedenza detto si aggiunga che Foggetti dice di non vedere nessuno degli Abbruzzese, men che il solo Marco. Non può trovare accoglimento la tesi che Abbruzzese sarebbe stato in posizione peculiare, tale da non essere visto da Foggetti. Essa non trova alcun supporto istruttorio e non spiega il perché invece Lamanna avrebbe visto. Il contrasto dichiarativo riguarda i due assoluti protagonisti della vicenda: Lamanna e Foggetti. Le dichiarazioni di Bruzzese soffrono, come detto, anche di essere de relato perché riferisce solo un proposito criminoso, il programma del delitto».
Secondo la Corte, quindi, «non vi sono emergenze circa l’interesse dei fratelli “Banana” all’eliminazione di Bruni. Il loro interesse specifico è semmai stato la conquista del mercato dell’eroina, ma tale obiettivo costoro lo raggiungono attraverso l’affiliazione con Bruzzese ed il gruppo. Sarà poi il gruppo a decidere di realizzare l’interesse dei “Banana”, facendolo proprio, mediante l’eliminazione del concorrente diretto, in luogo (magari) dell’affiancamento».
Omicidio Luca Bruni, non configurabile il “concorso eventuale”
Non sussiste, infine, neanche il concorso eventuale nel delitto né il tentativo di concorso nell’omicidio, questioni che erano state sollevate dagli avvocati difensori, in particolare dal legale Quintieri. «Si discorre di concorso di persone nel reato monosoggettivo che è un concorso eventuale, nel senso che quel delitto può essere commesso da una sola persona, eventualmente da più persone. Esso si distingue dal concorso necessario di persone nel reato plurisoggettivo perché esso è connesso, per “forza”, da più persone. Una volta, però, realizzatosi un concorso di persone nel reato astrattamente monosoggettivo (nel caso di specie un omicidio), esso concorso non può che essere necessario, nel senso che, per risponderne, tutti devono avere fornito un contributo che ha agevolato il delitto in concreto, o sul piano materiale o sul piano morale, in termini di rafforzamento del proposito criminoso altrui. Ecco perché Marco Abbruzzese non è punibile: è un complice eventuale nei programmi, inutile in concreto. Eventuale nei programmi del solo ideatore Franco Bruzzese (Lamanna e Foggetti, coideatori ed esecutori, in tesi non sanno che dovrà intervenire se qualcosa va storto); inutile alla luce del buon esito dell’agguato mortale a prescindere dalla sua presenza, peraltro essenzialmente prevista per la sicurezza di Rango, non per altro».
Omicidio Bruni, il capitolo sulle armi
In conclusione, «a parere della Corte, non è stato scandagliato in alcun modo», relativamente al capo d’imputazione sulla detenzione abusiva delle armi, «l’elemento fondamentale per ritenere valida la premessa in fatto: quale arma avrebbe avuto Marco Abbruzzese per sparare in soccorso? Perché nessuno ne parla?». Nessun arma, ma fattiva collaborazione del seppellimento del cadavere di Luca Bruni, fatto ritrovare due anni dopo da Adolfo Foggetti, in una sera d’inverno del dicembre 2014. È passata dunque la linea difensiva esposte in discussione dagli avvocati Paolo Pisani, Cesare Badolato e Antonio Quintieri.