I membri della famiglia di Andrea Beretta, il capo degli ultrà della Curva Nord interista che ha ucciso con 20 coltellate Antonio Bellocco, sono sotto sorveglianza da più di 24 ore. La Prefettura di Milano li considera «obiettivi sensibili» e ha assegnato loro una forma di tutela limitata, una vigilanza generica radiocontrollata e sporadici pattugliamenti. Finora nessuna minaccia di vendetta è giunta alla famiglia di Beretta, che è recluso nel carcere milanese di Opera.

Sul tema della possibile vendetta del clan Bellocco interviene, sentito da Fanpage.it, anche Antonio Nicaso, saggista ed esperto di ’ndrangheta. Totò Bellocco, dopo aver scontato 9 anni per associazione mafiosa, si era trasferito a Pioltello, nell’hinterland di Milano. Lì, grazie alla sponda di Marco Ferdico, era entrato sempre più nel giro della Curva Nord interista. Tifo e (soprattutto) affari: sarebbero stati gli appetiti di Bellocco sugli affari di Beretta nel merchandising – e il presunto progetto di eliminare il capo ultrà – a scatenare la furia di Beretta, che girava armato da giorni.

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Per Nicaso «è fuori discussione che la cosca Bellocco sia in grado di vendicarsi. Non è una questione se siano in grado di farlo, quanto piuttosto se hanno intenzione di vendicarsi».

Il punto è, per il docente universitario, che «un omicidio del genere non può passare inosservato. C'è sempre questa idea di vendetta: bisogna capire quali saranno le modalità. L'omicidio di un figlio o di un nipote non starà senza conseguenza».

La storia della ’ndrangheta, secondo Nicaso, insegna che «nell'ambito di certe organizzazioni criminali, le vendette non necessariamente arrivano subito, possono essere consumate anche a distanza di tempo». Non è una faida, in cui la violenza viene scandita quasi a ritmo quotidiano. Ora i clan mantengono un profilo basso, «ma le vendette non cadono in prescrizione».

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Nicaso è ancora più chiaro: «È difficile valutare i tempi. Che si vendichino però è fuori discussione. Si eviterà di affrettare i tempi, perché è preferibile agire in modo opportuno».

C’è anche un passaggio ufficiale che il saggista cita: una testimonianza di come i tempi siano cambiati. «Intanto – dice – stanno seguendo l'iter giudiziario: la famiglia ha fatto sapere di avere fiducia nella giustizia. Questo è chiaramente anomalo, ma è un segno dei tempi. Non siamo più negli anni in cui la reazione era immediata». Certo è che «l'omicidio di Antonio Bellocco non può passare senza conseguenze. La famiglia di Rosarno ha inoltre i mezzi per farlo: ha già ucciso, ha una lunga storia criminale».