È caccia al sicario in tutta la zona delle Preserre vibonesi dopo l’agguato costato la vita ieri sera a Giuseppe De Masi, imprenditore 39enne di Sorianello freddato a colpi di pistola mentre si trovava dal barbiere a Soriano Calabro. La “missione” di morte è stata portata a termine all’interno del locale non lasciando scampo alla vittima designata, crollata a terra in un lago di sangue ed attinta da più colpi. Un omicidio gravissimo per le modalità, il luogo e la tempistica, portato a termine quando in zona e nelle vie adiacenti c’era ancora tanta gente in giro che si apprestava a rientrare a casa per il cenone di capodanno o era impegnata in strada per gli ultimi saluti ed acquisti.

Barbiere testimone oculare sotto shock

L’arrivo dei soccorsi nulla ha potuto per strappare alla morte Giuseppe De Masi, morto praticamente sul colpo. I sanitari, constatato il decesso, si sono trovati dinanzi anche il titolare del locale dove è avvenuto l’agguato mortale praticamente sotto shock per quanto appena accaduto, tanto da essersi reso necessario per lui il ricovero in ospedale a causa dello spavento. Il barbiere è il testimone oculare dell’omicidio, ma al momento – da quanto è stato possibile apprendere – proprio a causa dello stato di shock non sarebbe stato in grado di riferire molto a carabinieri e polizia impegnati nelle indagini per dare un nome ed un volto al sicario.

Le indagini 

Le indagini sono al momento di competenza della Procura di Vibo Valentia con il pm Maria Cecilia Rebecchi che è accorsa sul posto per coordinare l’attività investigativa ed i primi rilievi del caso affidati ai carabinieri ed al medico legale. Dell’omicidio è stata informata la Dda di Catanzaro, attese le modalità dell’agguato – che richiamano gli omicidi di mafia – e la zona dove è stato commesso, epicentro della guerra di mafia che da anni vede contrapposti i clan Emanuele da un lato e Loielo dall’altro, che hanno le loro roccaforti fra Ariola di Gerocarne e la zona Savini di Sorianello ma che fanno sentire forte la loro influenza su tutta l’area delle Preserre vibonesi di cui l’epicentro è rappresentato proprio dal comune di Soriano Calabro. E con uno dei due clan – gli Emanuele – gli investigatori collocavano Giuseppe De Masi, coinvolto nell’operazione antidroga denominata “Ghost” nel 2011 e poi nell’inchiesta antimafia “Luce nei boschi” del 2012.
Da entrambi i procedimenti penali, per i quali la Dda aveva chiesto la condanna, Giuseppe De Masi era stato assolto con formula ampia e dopo tali esperienze giudiziarie – da quanto è stato possibile apprendere – si era dedicato alle sue attività lavorative: un autolavaggio e un’impresa di movimento terra.

Gli investigatori sono stati impegnati tutta la notte in controlli, verifiche di alibi e perquisizioni in casa di numerosi pregiudicati della zona alla ricerca di ogni possibile elemento per chiudere il cerchio sul grave fatto di sangue. Sono stati ascoltati i familiari ed alcuni amici della vittima onde risalire ai responsabili dell’agguato. Si cerca di capire se ad attendere il sicario che ha aperto il fuoco, per poi dileguarsi rapidamente, ci fosse un basista o più basisti. Utili in tal senso potrebbero rivelarsi le immagini riprese da alcuni impianti di videosorveglianza della zona. Non viene tralasciato neanche un altro particolare, ancora tutto da verificare. Pare che nel pomeriggio alcuni individui si siano recati nell’autolavaggio di Giuseppe De Masi chiedendo dello stesso – in quel momento assente – agli operai lì presenti. Si tratta delle stesse persone che hanno poi teso qualche ora dopo l’agguato? E, soprattutto, si tratta di un omicidio di mafia (attese le modalità) o di un regolamento di conti per ragioni diverse?
A Soriano e dintorni c’è chi giura che la vittima si fosse allontanata da determinati ambienti dopo la parentesi giudiziaria dalla quale è uscito con un’assoluzione a formula ampia. Evidentemente, però, c’è chi ha inteso regolare qualche conto aperto con Giuseppe De Masi non facendosi alcun problema nell’utilizzo di un’arma da fuoco alla vigilia di capodanno. 

Le risposte dalle istituzioni

L’omicidio accelera di fatto un’intera attività investigativa antimafia che nella zona delle Preserre da tempo cerca di mettere ordine e ricomporre i “tasselli” di numerosi fatti di sangue rimasti ad oggi quasi tutti impuniti ed inquadrabili nello scontro armato che da anni vede contrapposti i clan Emanuele e Loielo, “bracci operativi” del locale di ‘ndrangheta di Ariola di Gerocarne guidato dal boss Antonio Altamura, definitivamente condannato nell’operazione antimafia “Luce nei boschi” e tuttora detenuto. Con i vertici dei due clan in galera – i fratelli Bruno e Gaetano Emanuele da un lato, i maggiorenti dei Loielo dall’altro – ma con le giovani leve in libertà, le Preserre vibonesi continuano a vivere in un inaccettabile stato di tensione ed “assedio” continuo da parte di chi non conosce altra legge che quella della violenza cieca e spietata.

Ed è in questo vasto comprensorio che include le Preserre e le Serre – unitamente a tutta la fascia costiera del Vibonese, “cervello” della ‘ndrangheta milionaria e dei grandi affari: da Nicotera a Limbadi passando per Joppolo, Parghelia e Briatico, ma soprattutto Tropea e Ricadi – che lo Stato e le istituzioni si giocano la faccia e devono fornire risposte che vadano oltre le buone intenzioni. Perché non bastano più i convegni antimafia, le manifestazioni, le fiaccolate, gli incontri – pur importantissimi – con le scuole, i premi alla memoria e i dibattiti (spesso con personaggi politici discutibili in prima fila di cui si potrebbe fare a meno).
La gravità della situazione dopo le operazioni “Luce nei boschi” nelle Preserre (in molti non toccati dall’inchiesta) e “Costa Pulita” (imputati tutti liberi per scadenza dei termini di custodia cautelare) è tale da richiedere uno sforzo eccezionale capace di portare non più, e non solo, in Tribunale gli imputati, ma anche in Corte d’Assise chi si è macchiato di fatti di sangue. Le migliori figure investigative impegnate sul territorio vibonese non mancano e sono già al lavoro, ma occorre fare presto e fare bene (alcune assoluzioni per gli omicidi di Giuseppe Pugliese Carchedi e Mario Franzoni insegnano o dovrebbero insegnare). E, soprattutto, occorre conoscere a fondo i territori nei quali si va ad operare, dotando anche gli organi giudiziari – una volta per tutte (Tribunale di Vibo e Corte d’Appello di Catanzaro in primis) –  di uomini e mezzi affinchè i processi si celebrino e si concludano in tempi ragionevoli con risposte di verità che non possono essere rappresentate dall’immancabile prescrizione. L’agguato di ieri sera a Soriano Calabro resta di una gravità inaudita anche sotto il profilo dell’immagine con la quale il Vibonese la Calabria tutta salutano il 2021. Un fatto di sangue che non può – e non deve – restare impunito.