I giudici amministrativi di Catanzaro hanno rigettato il ricorso presentato da Cristian Dodaro, rappresentante legale dell'Asd Palasport Europa. Nelle motivazioni si fa riferimento a diverse violazioni amministrative nonché al legame di parentela del ricorrente con un esponente del clan Lanzino di Cosenza
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La gestione del Palazzetto dello Sport di Rende nelle mani dei commissari prefettizi. Lo ha deciso il Tar di Catanzaro, il quale ha rigettato il ricorso presentato da Cristian Dodaro, titolare dell'associazione Asd Palasport Europa.
I giudici amministrativi, dopo l'annullamento con rinvio da parte del Consiglio di Stato, hanno esaminato il ricorso presentato da Dodaro e da altre associazioni sportive ma hanno inteso concordare con la triade commissariale che aveva tolto il Palazzetto dello Sport al ricorrente. Le motivazioni, esposte in 40 pagine, ripercorrono le vicende amministrative e giudiziarie contenute nel processo "Reset", sebbene Dodaro non risulti imputati né nel rito abbreviato né nel rito ordinario. Ma è "colpevole" di essere legato dal vincolo di parentela con Michele Di Puppo, noto esponente della 'ndrangheta cosentina, recentemente dissociatosi dal passato criminale.
Proprio in una delle ultime udienze di Reset, quelle che si celebrano nell'aula bunker di Lamezia Terme, la questione del Palazzetto dello Sport di Rende è stata ripescata dalla pubblica accusa per ricostruire il capo d'imputazione formulato nei confronti dell'ex sindaco Marcello Manna, accusato di corruzione e voto di scambio. Secondo la Dda avrebbe promesso la gestione del Palazzetto dello Sport di Rende ai fratelli D'Ambrosio, Adolfo (oggi al 41bis) e Massimo (ai domiciliari dopo tanti mesi di carcerazione preventiva). Nell'esporre gli elementi di prova, la Dda ha fatto domande anche sui rapporti tra Dodaro e Di Puppo. E questa parentela, secondo i giudici, è discriminante rispetto alla legislazione antimafia.
Palazzetto dello Sport di Rende, le motivazioni del Tar di Catanzaro
Secondo il Tar di Catanzaro, l'amministrazione comunale di Rende avrebbe commesso una serie di violazioni amministrative, evidenziate dalla relazione prefettizia, come l'erronea stima del valore di concessione, l'erronea stima ed erronea indicazione del valore nel contratto di affidamento, sottostima del canone posto a base di gara, l'omessa richiesta dell'informazione antimafia, la mancata previsione di adeguati requisiti di idoneità professionale, di capacità economica e finanziaria e tecniche professionali, le omissioni nella fase di controllo sui requisiti in violazione dell'art. 80 d.lgs. 50/2016 e la violazione dell'art. 29 del Capitolato d'oneri per omessa costituzione di alcune polizze assicurative.
Inoltre, il Tar di Catanzaro scrive che «in sede ispettiva viene rilevato che, oltre alle irregolarità già accertate in sede di accesso antimafia e acclarate nelle relazioni allegate al provvedimento di scioglimento, sono state riscontrate ulteriori gravi inadempienze e irregolarità nella fase gestionale, ancora sussistenti senza che allo stato, in buona parte, siano scaturite la risoluzione ovvero l’applicazione di penalità in favore della concessionaria; in particolare si fa riferimento»:
- mancato pagamento dei canoni concessori per le annualità 2022 e 2023
- mancato completamento di adempimenti amministrativi per l'acquisizione del certificato di agibilità e di prevenzione incendi della struttura
- omesso pagamento delle utenze idriche per l'annualità 2022
- ulteriori contestazioni a carico della concessionaria, come "la gestione arbitraria e senso di impunità che hanno portato il concessionario a contravvenire sistematicamente alle prescrizioni contrattuali, peraltro tollerata dall'Ente almeno fino all'insediamento della commissione d'accesso".
Il Tar ha sottolineato nuovamente che «lo scioglimento dell'Ente è stato disposto per supposte infiltrazioni della criminalità organizzativa nella gestione amministrativa dell'Ente», ricordando la vicenda di Manna e dei D'Ambrosio. Per queste e per altre ragioni di carattere amministrativo «non può censurarsi l'operato della commissione straordinaria che, riscontrato il permanere della concessione in capo dell'originario affidatario e attinto dalle criticità dinanzi evidenziate, ha ritenuto che il permanere della gestione del Palazzetto dello Sport di Rende in capo al medesimo concessionario oltre a comportare in sé un ritardo nell'azione di ripristino della legalità cagione anche un danno economico, patrimoniale e di immagine nei confronti dell'Ente comunale, nel senso di ritardare l'attività lato sensu di "bonifica" o "eradicamento" dalle controindicazioni che avevano influito sullo scioglimento dello stesso».
Cosa scrive il tribunale di Cosenza sulla gestione del Palazzetto dello Sport di Rende
Sulla gestione del Palazzetto dello Sport di Rende, il tribunale di Cosenza, ha fornito un'interpretazione diversa rispetto a quella adottata dai giudici amministrativi. «Non vi è riscontro né di un condizionamento della commissione di gara né di un intento, appartenente o quantomeno noto a Manna, di favorire il soggetto risultato aggiudicatario e gli stessi atti prodotti sono espressione di valutazioni di discrezionalità amministrativa certamente non abnormi rispetto agli orientamenti giurisprudenziali in materia in materia di soccorso istruttorio».