L’ex governatore commenta il coinvolgimento nel blitz scattato stamani: «Il mio nome, per le funzioni istituzionali svolte e per la storia che ho alle spalle, è strumentale a creare attenzione mediatica e magari ad amplificare protagonismi funzionali a scalate carrieristiche»
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«Rimango davvero incredulo e senza parole di fronte alle contestazioni mosse dalla Procura Dda di Catanzaro nei miei confronti. Anche in questa occasione ho appreso dell’indagine su di me da alcuni giornali nazionali, prima ancora che mi venisse notificata, facendo passare, ancora una volta, che fossi sottoposto agli arresti per reati di mafia». Lo scrive Mario Oliverio a seguito del blitz anti ‘ndrangheta denominato Glicine scattato all’alba che ha portato all’esecuzione di 43 misure cautelari. L'accusa contestata dalla direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, tra gli altri, all'ex presidente della Regione Calabria Mario Oliverio, a Nicola Adamo, a Vincenzo Sculco e a Sebastiano Romeo, è di associazione a delinquere.
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L’ex presidente della Regione evidenzia: «A distanza di circa 4 anni, dopo i ripetuti coinvolgimenti in procedimenti giudiziari sui quali si è pronunciata la Magistratura giudicante con sentenze di piena assoluzione “perché il fatto non sussiste" ed evidenziando, come ha fatto la Corte di Cassazione, un “chiaro pregiudizio accusatorio” da parte della Procura di Catanzaro nei miei confronti, confesso di non comprendere la ragione di tanto accanimento. Lungi da me anche in queste ore atteggiamenti vittimistici o di risentimento che non mi appartengono».
Oliverio commenta: «Non posso tuttavia non esprimere liberamente una riflessione di amarezza su un sistema giustizia piegato al protagonismo mediatico e per questo pronto a macinare persone, storie, verità, prescindendo da fatti, prove, indizi. Anche in quest’ultima vicenda, dalla lettura dell’ordinanza, mi ritrovo coinvolto in una operazione della Procura di Catanzaro per contestazioni di associazione mafiosa che non mi appartengono e che non a caso lo stesso gip ha valutato infondate».
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Una indagine «verso la quale dichiaro la mia totale disponibilità a collaborare perché non ho nulla, proprio nulla da temere o da nascondere. Prendo atto che il mio nome, per le funzioni istituzionali svolte e per la storia che ho alle spalle, è strumentale a creare attenzione mediatica e magari ad amplificare protagonismi funzionali a scalate carrieristiche. Ho dedicato la mia vita ed il mio impegno politico ed istituzionale nella lotta alla criminalità e per la affermazione della legalità e dei diritti. Non permetterò a nessuno – chiosa l’ex governatore - di infangare la mia storia. I polveroni non servono agli onesti nè al prestigio ed alla credibilità della stessa Magistratura il cui ruolo è insostituibile e prezioso».