È la tradizionale audizione del capo dell’Antimafia in una Commissione parlamentare, ma sembra un botta e risposta a distanza tra il procuratore nazionale Giovanni Melillo e il ministro della Giustizia Carlo Nordio, a pochi giorni dall’approvazione in Consiglio dei Ministri della criticatissima riforma del Guardasigilli che cancella il reato di abuso d'ufficio, ridimensiona il traffico di influenze illecite e inserisce una ulteriore stretta sulle intercettazioni telefoniche. Troppe e troppo costose, ha sempre detto Nordio dal suo insediamento a via Arenula, scontrandosi spesso con i magistrati, Nicola Gratteri in testa.

«Non bisogna arretrare sul ricorso alle intercettazioni» ha detto Melillo, aggiungendo ufficialmente la Dna alla lista dei critici della nuova riforma della Giustizia «Personalmente non conosco intercettazioni inutili».

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Sembra mettere un punto alle continue rimostranze di Nordio sulle intercettazioni, Melillo, ma va oltre e parla di una nota inviata al Ministero della Giustizia dalla Procura Nazionale e dalle Procure Distrettuali per «denunciare la gravità dello stato delle infrastrutture che reggono il sistema delle intercettazioni».

Il sistema e gli strumenti a disposizione delle forze di polizia italiane sono obsoleti e non riescono a stare al passo con i cambiamenti che le mafie hanno fatto con la rivoluzione digitale: «Il gap con l’estero è già irreparabile» ha denunciato il procuratore nazionale «nelle indagini le forze di polizia sono sempre più a disagio rispetto agli organismi stranieri, che hanno strumenti più evoluti, aprono le porte delle piattaforme criptofoniche, della blockchain, del deep web. Un ammodernamento è urgente, le mafie oggi si muovono sulle reti digitali e noi non siamo capaci di penetrarle, la polizia italiana non ha proprio il know how per sedersi ad alcuni tavoli. È necessario utilizzare hacker etici come fanno altri paesi come la Francia. Le mafie hanno sempre una lunghezza di vantaggio sullo Stato, come diceva Giovanni Falcone. Oggi, con l’arretratezza della normativa giudiziaria, sono diventate molte lunghezze».

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Per un ministro che vuole ridurre le inutili intercettazioni ed eliminare il reato di abuso d’ufficio, un procuratore vuole strumenti per andare più in profondità e parla di ‘ndrangheta e camorra come «giganteschi hub di servizi legali per il mondo imprese» e vuole ampliare il raggio del famoso “follow the money” di Falcone fino alle imprese non mafiose «perché solo una parte di loro è vittima di intimidazioni e violenza, più spesso c’è uno scambio reciproco di vantaggi tra organizzazioni criminali e imprese che ricorrono a false fatture, bancarotta fraudolenta e frodi fiscali. In ogni comparto produttivo il sistema di false fatture è presidiato dai fiduciari delle mafie e ai loro servizi ricorrono anche imprese che mafiose non sono, perché la lingua della frode fiscale e della corruzione è comune a imprese mafiose e non».

«Ci sono attività di indagine delicate e invasive che hanno bisogno di garanzie, che sono già proprie delle intercettazioni» ha continuato Melillo «Sono temi delicati che vanno sottratti alla polemica e alle semplificazioni grossolane. Il Garante della Privacy ha già dichiarato in commissione Giustizia al Senato che non sono mai stati segnalati abusi da quando esiste l’Archivio delle intercettazioni, che però poggia su infrastrutture tecnologiche obsolete, che oggi sono a rischio collasso».

Il procuratore Melillo si è soffermato anche sul Pnrr e sui pericoli di infiltrazioni mafiose negli appalti. E anche qui sembra parlare direttamente al Governo senza mai citarlo.

Senza mai citare l’emendamento al decreto Pubblica Amministrazione che ha escluso il PNRR dal cosiddetto controllo concomitante della Corte dei Conti, impedendo ai giudici contabili di controllare in corso d’opera i progetti del Piano finanziati dallo Stato per segnalare ritardi o irregolarità. E senza mai citare neanche il Nuovo Codice degli Appalti.

«La scelta legislativa di ridurre i controlli esterni può essere legittima, perché potrebbe essere una assunzione di responsabilità politica» ha detto Melillo ai deputati e senatori in Commissione Antimafia «Ma questa pretesa sarebbe più credibile se fosse accompagnata da controlli interni, se si dicesse “giudici amministrativi, giudici contabili, state indietro perché controlliamo noi”. Non vedo tracce di intensificazione dei controlli interni alla Pubblica Amministrazione. Bisognerebbe rispolverare i concetti di disciplina e onore, che impongono, sì, i controlli interni ma anche la disponibilità ad assoggettarsi a controlli esterni. Chi partecipa alle grandi opere deve usare strumenti tracciabili, conti correnti dedicati. Chi usa i fondi dello Stato dovrebbe avere il dovere di rendicontazione, non stiamo parlando di invasione dell’autonomia d’impresa. Il controllo preventivo non avrebbe nessun impatto frenante sull’attuazione del Pnrr, la prevenzione non rallenta la crescita del paese».