L'architetto, l'impiegato dell'ospedale, il responsabile dell'area tecnica, il dipendente pubblico, il finanziatore, l'esecutore materiale. L'eterogeneità dei ruoli ricoperti dagli indagati dell'operazione "Pacta sunt servanda" e la precipua ripartizione dei compiti nella commissione delle condotte criminose, offre uno spaccato del meccanismo vorticoso messo in piedi per mettere con le spalle al muro le vittime di un giro di usura con tassi di interesse da capogiro.

L'ordinanza

Nelle 786 pagine dell'ordinanza, che all'alba ieri ha fatto scattare l'operazione congiunta di Carabinieri, Polizia di Stato e Guardia di Finanza, c'è racchiuso un mondo parallelo e sotterraneo che ha gestito un giro di soli a strozzo che faceva riferimento ad Andrea Maradei e Pietro Quintieri detto Giovanni.
I due, vicini per motivi di lavoro all'interno dell'ospedale di Castrovillari, incontravano anche negli ambienti dello spoke della città del Pollino le vittime cadute nella rete del prestito di soldi che gestivano insieme agli altri soggetti finiti in carcere ed ai domiciliari.

La vittima intercettata

Proprio uno di questi incontri con una delle vittime viene registrata in un servizio di osservazione dagli inquirenti grazie alla collaborazione dell'uomo che Quintieri incontra nei pressi dell'obitorio. È lui che tiene il cellulare aperto in una chiamata ad un numero di emergenza in accordo con le forze dell'ordine permettendo di ascoltare il tenore della conversazione non certo dai toni gentili. La vittima chiede di poter rientrare con calma dal debito ma trova la resistenza di Quintieri che dichiara apertamente di "fottersene" delle difficoltà dell'imprenditore nel ripianare il debito contratto e gli intima di vendersi motocarro, macchina, o altre proprietà per vedere di recuperare il denaro da restituire. Ma in ospedale avviene anche l'episodio in cui una pistola presa dalla macchina di Maradei arriva fino all’ufficio interno al presidio sanitario dove sarà nascosta. Arma che sarebbe poi dovuta essere venduta ai due romani finiti nell'inchiesta.

Soldi che «puzzano di terra»

Ci sono titoli di ogni tipo usati per racimolare più soldi possibili nelle pagine dell'ordinanza corposa frutto di due anni di indagine, così come la vicinanza con la mala cassanese, che presta 20.000 euro per poi riceverne molti di più e che il gruppo di usurai avrebbe fatto fruttare sul territorio con prestiti e interessi da paura. Soldi che gli stessi definivano «puzzare di terra». Ma i soldi prestati dai vari finanziatori finiti nel mirino dell’inchiesta dovevano poi tornare indietro con pazzeschi sovraccarichi che per molti hanno significato la chiusura di attività commerciali.

Chi non poteva pagare i debiti contratti allora rischiava di piegarsi alla logica di far intestare immobili di proprietà agli amici compiacenti, oppure si ritrovava minacciati parenti o congiunti con toni aggressivi che servivano a piegare le logiche di resistenza.

Un pianoforte in pegno

Anche un pianoforte in un episodio fu usato come pegno. Una spirale tanto lucida e violenta che ha iniziato a perdere certezze di impunità quando la scoperta di un gps sotto una vettura degli associati li ha resi nervosi e preoccupati. Sarà un parente di Maradei, che opera nelle stanze della procura, la talpa che li informerà delle indagini a loro carico. Ma ormai è troppo tardi per nascondere le azioni criminose. Sono già tante le informazioni degli investigatori acquisite in mesi e mesi di pedinamenti e intercettazioni ambientali utili alle forze dell'ordine a chiudere il cerchio attorno a quegli insospettabili che per anni hanno vessato famiglie e attività commerciali che oggi ritrovano la pace perduta e la speranza di un futuro con meno paure e debiti.