«Nino Candido io ti amo! Per sempre!.. Io ti aspetto! Per sempre!.. Qualunque cosa accada.. Noi ci vediamo a casa..». A corredo una foto che è un inno all’amore, l’amore che prevale su tutto, anche sulla morte, su una morte assurda quanto inspiegabile.

Il diario facebook di Elena è pieno di ricordi, di foto, di frasi, di citazioni. Tutto parla di Nino, del suo Nino, il vigile del fuoco tragicamente scomparso l’8 novembre scorso nell’esplosione di una cascina a Quargnento, in provincia di Alessandria.

Insieme a Nino Candido, che era originario di Reggio Calabria, il 2019 si porta via anche Matteo Gastaldo, 47 anni originario di Albenga e residente a Gavi, e Marco Triches, 36 anni, papà di un bambino di pochi anni e anche lui originario di Albenga, tutti rimasti uccisi dal crollo dell’edificio. 

Era giovanissimo Nino, aveva appena 32 anni, un passato nell’esercito, il basket e i tatuaggi tra le sue passioni.

Fin dal 2006 ha svolto servizio al Comando di Reggio Calabria come volontario. Nel settembre 2017, essendo stato assunto, aveva coronato il sogno della sua vita, quello di fare lo stesso mestiere del papà Angelo, capo reparto dei Vigili del fuoco in servizio al distaccamento aeroportuale di Reggio Calabria.

Una divisa che portava con orgoglio
, una missione più che un lavoro, un amore incondizionato come quello per la sua Elena, che aveva sposato nel settembre 2018. Poco più di un anno fa. Tantissime le foto sui loro profili social, i loro volti sorridenti, la giovinezza e la spensieratezza nei loro occhi.

Difficile credere che oggi Nino non ci sia più, difficile credere che i suoi sogni e il suo sorriso siano stati spezzati per sempre da una tragedia armata dalla mano di chi incoscientemente ha piazzato delle bombole nella cascina per tentare di frodare l’assicurazione solo perché erano «fortemente indebitati. Lo scorso agosto - ha spiegato il procuratore dopo l'arresto del presunto responsabile - l'assicurazione dell'edificio era stata estesa al fatto doloso. Il premio massimale era di un milione e mezzo di euro».

Un errore nella programmazione del timer e il dramma. Tre vite spezzate, il sacrificio di tre giovani vite spente nel nome di una divisa. Quelle di Nino, Matteo e Marco.

Ma Nino forse lo aveva messo in conto, sapeva che portare quella divisa significava anche correre il rischio di non tornare più a casa, ma «il pompiere paura non ne ha» e Nino probabilmente non ne ha avuta neppure quando ha affrontato l'inferno di fuoco e fiamme e l'esplosione che lo ha ucciso lasciando profondamente ferita la Calabria e una nazione intera.