La vicenda di Moses Omogo, arrestato per il rapimento della piccola Sofia e ora scarcerato, continua a tenere banco. È ancora formalmente indagato per concorso in sequestro di persona, ma i fatti ricostruiti e l’analisi giuridica fanno emergere un quadro chiaro: Moses è una vittima inconsapevole, ingannata dalla moglie Rosa Vespa, vera orchestratrice del rapimento.

I fatti: un inganno ben congegnato

Secondo l’ordinanza del gip Claudia Pingitore, Moses era convinto che Sofia fosse suo figlio, frutto di una gravidanza annunciata da Rosa nel maggio 2024. A rafforzare questa convinzione, eventi e dettagli costruiti ad arte: il pancione ben evidente, le ecografie falsificate, e persino i momenti in cui Rosa simulava di usare un tiralatte. La fiducia cieca di Moses, unita alla sua scarsa conoscenza della lingua e delle procedure italiane, lo ha reso facilmente manipolabile.

La sera del rapimento, il comportamento di Moses conferma questa versione. Mentre Rosa metteva in atto il suo piano, lui attendeva sereno nella sala d’attesa della clinica, convinto che la moglie stesse dando alla luce il loro bambino. I messaggi scambiati tra i due mostrano un uomo emozionato, ignaro del dramma che si stava consumando.

In diritto: l’assenza dell’elemento soggettivo del reato

Per comprendere la posizione giuridica di Moses, è fondamentale analizzare gli articoli 47 e 48 del Codice Penale.

L’articolo 47 stabilisce che l’errore di fatto, purché inevitabile, esclude l’imputabilità del reato. Moses credeva, senza motivo per dubitarne, che Sofia fosse suo figlio Ansel.

L’articolo 48 chiarisce che chi commette un reato sotto l’influenza di un inganno altrui non è punibile, poiché manca la volontà di delinquere. In questo caso, Rosa Vespa è la mente dietro l’azione criminosa, mentre Moses è stato uno strumento inconsapevole del suo piano.

Il pm Antonio Bruno Tridico, coerentemente con queste disposizioni, ha già rinunciato a chiedere misure cautelari nei confronti di Moses, e il giudice Claudia Pingitore ha confermato l’assenza di elementi per ritenerlo colpevole, parlando proprio di inganno.

Un epilogo prossimo alla chiusura

Sebbene Moses Omogo resti ancora indagato, è probabile che la sua posizione venga presto archiviata. La rapidità con cui la magistratura - requirente e giudicante - ha ricostruito la vicenda e l’atteggiamento collaborativo della Procura di Cosenza, indicano che si tratta di un caso in cui l’innocenza emerge con forza dai fatti e dalle prove.