Denuncia le condizioni degradanti in cui vivono i migranti nella tendopoli di San Ferdinando e rilancia la sua proposta di rinascita nei paesi spopolati, l'europarlamentare Mimmo Lucano oggi in visita nella Piana di Gioia Tauro.

C’è pure una moschea e, davanti a una porta con due ante in lamiera, una schiera di scarpe. I migranti si riuniscono per pregare all’interno della tendopoli di San Ferdinando, nel reggino. Lo fanno anche durante la visita dell’europarlamentare Mimmo Lucano, accompagnato da una delegazione e da Peppe Lavorato, storico sindaco di Rosarno dei tempi delle lotte bracciantili e del coraggioso fronte antimafia della Piana. Il degrado che dilaga nella tendopoli di San Ferdinando si sente già prima di entrare e si vedono i segni di un'incuria perdurante.

Freddo dentro e fuori

I rifiuti abbandonati fuori e dentro e mai raccolti, ai quali si dà fuoco per smaltirli, i panni appesi sulle ringhiere, come fossero fili tirati fuori dai banconi, e in lontananza baracche ammassate e circondate da rivestimenti di fortuna perché la raccolta che va dall’autunno all’inverno impone di restare lì proprio quando fa più freddo.

La corrente non basta per dare luce a tutti. Figuriamoci per riscaldare. La doccia è fredda anche quando fuori fa già freddo. Vengono in soccorso dei fuochi accesi vicino ai quali trovare un po' di sollievo. È ancora mattina quando ne viene acceso uno. È lontano dalle baracche. Forse per evitare la tragedia nelle tragedie, che le cronache hanno in passato spesso dovuto raccontare.

Dalla strada alla tendopoli

Qualcuno ha rimediato qualche porta, evidentemente gettata via per strada, ed è riuscito a montarla per chiudersi nella sua baracca. Qualcun altro dalla strada ha recuperato qualche poltrona, qualche divano, qualche sedia. Davanti a noi, durante la visita, passa un giovane che non vediamo neppure in viso. Sulla sua testa sta trasportando un materasso. Una volta era bianco. Adesso è macchiato e invecchiato ma stanotte forse lo farà riposare meglio.

Le biciclette nel non luogo

Le biciclette appoggiate all'esterno delle baracche sono tante. Raccontano di una quotidianità mancata e solo sognata. Una quotidianità che dovrebbe essere diversa per i tanti che sulla due ruote ecologica raggiungono il campo in cui lavorano per poi fare rientro in un luogo che non ha nulla che faccia pensare a una casa, se non dei cani che aspettano il loro ritorno. Continua a leggere su IlReggino.it