Fine pena mai per Domenico Bonavota e Salvatore Mantella. Condannato a 13 anni il collaboratore di giustizia Onofrio Barbieri. Il 34enne è stato colpito a Pizzo mentre stava per entrare in un bar: è morto giorni dopo in ospedale
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La Corte d’Assise di Catanzaro, presidente Massimo Forciniti, ha inflitto due ergastoli e una condanna a 13 di reclusione nell’ambito del processo per l’omicidio di Domenico Belsito, ucciso a 34 anni il 18 marzo 2004 a Pizzo.
Condannati al fine pena mai Domenico Bonavota, accusato di essere il mandante del delitto, e Salvatore Mantella (difeso dall’avvocato Diego Brancia), accusato di avere partecipato all’agguato guidando l’auto con a bordo il killer (Francesco Scrugli, assassinato nel 2012 a Vibo Marina). Tredici anni sono stati comminati al collaboratore di giustizia Onofrio Barbieri, già legato alla cosca Bonavota, che si è autoaccusato di aver procurato l’auto rubata per compiere l’omicidio.
La Corte ha abbracciato l’impianto accusatorio istruito dall’accusa. In sede di requisitoria il pm Antonio De Bernardo aveva, infatti, chiesto due condanne all’ergastolo e 12 anni di reclusione per il collaboratore.
Secondo le ricostruzioni Domenico Belsito è stato ucciso per volere della cosca Bonavota a causa della relazione extraconiugale che aveva allacciato con la sorella di un sodale del clan.
La vittima è stata colpita poco dopo essere uscita dall’auto, su via Nazionale a Pizzo, mentre si recava in un bar.
Delitto Belsito, le condanne per gli imputati con il rito abbreviato
Ieri la Corte d’Appello di Catanzaro ha rideterminato la pena nei confronti degli imputati che erano stati condannati col rito abbreviato.
Ai due presunti mandanti Nicola Bonavota e Francesco Fortuna (da agosto scorso collaboratore di giustizia), condannati a 30 anni in primo grado, sono stati inflitti rispettivamente 18 anni e sei mesi e otto anni di reclusione. Due anni sono stati inflitti, in luogo degli otto dell’abbreviato, al collaboratore Andrea Mantella accusato di avere organizzato l’agguato ai danni di Belsito.
Il 34enne non morì sul colpo ma rimase gravemente ferito e il decesso avvenne diversi giorni dopo all’ospedale di Vibo Valentia.
Secondo il racconto del collaboratore Fortuna, l’omicidio non fu portato a termine la stessa sera del 18 marzo 2004 a causa della pistola di Scrugli che si inceppò.