Torna in libertà per assenza di esigenze cautelari l’imprenditore Alfonso Annunziata, 75 anni, titolare dell’omonimo centro commerciale di Gioia Tauro (con negozi anche a Vibo Valentia lungo la statale 18 ed a Lamezia nel parco commerciale dei Due Mari), tratto in arresto nel marzo 2015 nell’ambito dell’operazione antimafia denominata “Bucefalo” condotta dalla Dda di Reggio Calabria.

L’imprenditore aveva ottenuto gli arresti domiciliari nel gennaio dello scorso anno, ma aveva fatto rientro nella sua San Giuseppe Vesuviano, in provincia di Napoli, avendo comunque il Tribunale di Palmi disposto nei suoi confronti gli arresti domiciliari in località lontana dalla Calabria. Ora il ritorno in totale libertà che avviene a pochi giorni dalla sua deposizione in aula - dinanzi al Tribunale di Palmi - nel corso della quale l’imprenditore ha “confessato” di aver pagato per anni 50 milioni di lire e poi 25mila euro al clan Piromalli. Altri 38mila euro ha dichiarato di averli versati a Rocco Molè, poi ucciso nel febbraio del 2008.

Dopo tale fatto di sangue - a detta di Alfonso Annunziata - nessuno si sarebbe più presentato per chiedergli denaro. Altre somme, l’imprenditore ha dichiarato di aver versato al boss Peppino Piromalli (cl. ’21) di Gioia Tauro per avergli permesso sul finire degli anni ’80 di far rientro a Gioia Tauro dopo la fuga a San Giuseppe Vesuviano in quanto “tartassato” dalle richieste estorsive dei clan.

 

L’inchiesta della Dda ed ora il processo mirano a far luce sull’ascesa imprenditoriale di Alfonso Annunziata, arrivato a Gioia Tauro negli anni ’80 come venditore ambulante e diventato in poco tempo il leader nel mercato dell’abbigliamento.

 

L’accusa. Secondo la Dda di Reggio Calabria, Alfonso Annunziata avrebbe stretto negli anni ’80 un accordo con Peppino Piromalli (cl. ’21), deceduto nel 2005 e fondatore dell’omonimo clan della ‘ndrangheta insieme al fratello Girolamo, alias “don Mommo”, morto invece nel 1979. Da Peppino Piromalli l’imprenditore napoletano – dopo essere stato in un primo tempo allontanato dalla Calabria – avrebbe ricevuto il permesso di ritornare a Gioia Tauro per realizzare il primo negozio in una zona centrale di Gioia Tauro.

 

Successivamente è avvenuto l’acquisto del terreno nei pressi dello svincolo autostradale dove attualmente sorge il parco commerciale “Annunziata”. Ad avviso della Dda, i soldi per l’acquisto del terreno sarebbero stati dati ad Annunziata da Pino Piromalli (cl. ’45), alias “Facciazza”, nipote di Peppino Piromalli in quanto figlio di Antonino Piromalli (ucciso negli anni ’50 nella faida con la famiglia Carlino), quest’ultimo fratello di don Mommo e dello stesso don Peppino. Pino Piromalli – attualmente in carcere perché condannato nei processi nati dalle operazioni “Tirreno” e “Cent’anni di storia” – avrebbe quindi intestato il terreno ad Alfonso Annunziata ricevendo in cambio il denaro ricavato con l’apertura della nuova attività imprenditoriale e la possibilità di far eseguire i lavori ad imprese amiche.

 

Lo scontro fra i Piromalli e i Molè. Una piccola battuta di arresto si è registrata solo nel 2008, quando anche i Molè – da sempre fedeli alleati dei Piromalli, oltre che legati da rapporti di parentela – avrebbero reclamato la loro fetta di affari pure nel parco commerciale “Annunziata”. Secondo gli inquirenti della Dda di Reggio Calabria sarebbe stato questo il momento più acuto dello scontro tra le due storiche famiglie di ‘ndrangheta di Gioia Tauro. Una frattura profonda, con la scissione definitivamente sancita attraverso l’omicidio, nel febbraio 2008, di Rocco Molè e il trionfo – ancora una volta – dei Piromalli, il casato di ‘ndrangheta più potente dell’intera Calabria.