Il 7 maggio le prime dichiarazioni del broker che teneva i fili del business per le famiglie della Locride. Che racconta le regole imposte dai clan calabresi. Il patto con i Mammoliti per un carico da 500 chili scomparso (e costato un milione di euro)
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I suoi primi verbali sono diventati pubblici nei giorni scorsi nel processo Eureka, in corso davanti al Tribunale di Locri. Vincenzo Pasquino, 34 anni, uno dei narcos globali della ’Ndrangheta, si è pentito. «Intendo collaborare con la giustizia», ha riferito lo scorso 7 maggio ai magistrati della Dda di Reggio Calabria, qualche settimana dopo l’estradizione dal Brasile avvenuta al termine di una lunga latitanza. Dal Sudamerica Pasquino, che rappresenta uno dei terminali delle cosche calabresi al Nord ha governato le rotte del narcotraffico per anni. Il suo bagaglio di conoscenze nel settore spazia dai rapporti con i cartelli ai terminali del traffico delle ’ndrine di tutta Italia: la Locride (con Platì e San Luca in testa) e ovviamente Torino, visto che Pasquino ha coltivato i propri affari sotto l’egida del clan Agresta di Volpiano.
Nell’incipit delle sue prime dichiarazioni, cariche di omissis rese davanti al procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo e al pm Diego Capece Minutolo, Pasquino ammette «tutti i fatti che mi vengono contestati nell’ambito del procedimento Eureka, a eccezione della detenzione a Roma di 100 chilogrammi di cocaina, in relazione ai quali devo fare alcune precisazioni».
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Le regole del narcotraffico nel porto di Gioia Tauro
Il narcotrafficante espone anche alcune delle regole del business: «Una famiglia calabrese che fa arrivare un carico di cocaina a Gioia Tauro è tenuta a informare le altre. Solo nel caso in cui le famiglie importanti non siano interessate ad acquistare una quota del carico è possibile offrirla ad altre persone. Chi non rispetta questa regola rischia di essere ucciso o di essere “spogliato” nel senso di essere estromesso da qualsiasi affare o di essere privato di protezione».
Pasquino pentito, i traffici organizzati da latitante
Pasquino racconta i traffici organizzati dal Brasile: anche in questo caso gli omissis coprono molti nomi ma il neo pentito ricostruisce il modus operandi dei traffici. «Nel 2020 (omissis) partiva da Brasilia (ove abitava) e veniva a trovarmi a Aracaju (dove io vivevo all’epoca), facendo scalo a Salvador, con destinazione Fortaleza. Queste precauzioni le aveva adottate perché io ero latitante. Lui venne a trovarmi perché avevamo delle importazioni in corso, di cui una a Rotterdam». È in una chat di gruppo tra narcos di mezzo mondo che arriva la richiesta di «un’uscita per Gioia Tauro per 500 chilogrammi di cocaina». Parte così un «booking» (una prenotazione, ndr) via SkyEcc da parte di alcuni che «il giorno dopo ci dissero che avevano un amico che gestiva la logistica per prelevare il pellet con i camion dal porto di Gioia Tauro. A questo punto, nella chat di gruppo abbiamo dato conferma che avevamo trovato l’uscita. Ci siamo quindi accordati per dividere i 500 kg al 50% tra tra noi e i brasiliani».
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La droga sparita e il milione di euro spedito dai Mammoliti a Milano
Qualcosa va storto: «All’arrivo del container a Gioia Tauro ci siamo resi conto di un errore nel booking che ci aveva mandato (omissis), in quanto era indicato una ditta di logistica e non quella di Gioia Tauro che controllavano i Mammoliti. A questo punto i Mammoliti sono riusciti a contattare la ditta e ci hanno rassicurato sul fatto che avrebbero recuperato il container». Nasce una controversia: nel container, per i Mammoliti, la droga non c’è. Poco conta che non sia stata inviata o che le autorità l’abbiano sequestrata: «Ne derivava una discussione sul pagamento del carico sequestrato. Dopo circa una settimana, su mia richiesta, i Mammoliti mandavano a (omissis) un milione di euro (soldi che sono arrivati a Milano tramite un camion dei Mammoliti, circostanza che ho appreso tramite una chat PGP australiana». Queste sono le cifre in ballo: centinaia di migliaia di euro trasferite sui camion. Un business enorme gestito via chat che in Calabria ha regole ferree. Sui passaggi a Gioia Tauro decide tutto il gotha della ’ndrangheta.