VIDEO | Il valore dei beni si aggira intorno ai 13 milioni di euro. Gli indagati, originari di Africo e Bianco, sfruttavano la conoscenza di un imprenditore del Nord per far girare denaro in Italia e all'Estero
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La Dia di Reggio Calabria, in collaborazione con quella di Milano, ha eseguito un provvedimento di sequestro preventivo d’urgenza emesso dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria – Dda che ha interessato le quote ed il patrimonio aziendale di 8 società, di cui 3 aventi sede a Milano, una a Vimercate (Monza Brianza) e 4 nella Locride. Sono stati sequestrati beni immobili, beni mobili e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di oltre 13 milioni di euro riconducibili a 7 indagati, la maggior parte dei quali residenti o comunque originari di Bianco e Africo oltre ad un imprenditore lombardo.
La misura cautelare reale in parola giunge all’esito di una complessa e articolata attività d’indagine condotta dalla Dia di Reggio Calabria, sotto la direzione del sostituto procuratore della Dda Stefano Musolino ed il coordinamento del procuratore distrettuale Giovanni Bombardieri.
L’inchiesta Martingala
L’attività che trae origine dagli sviluppi investigativi dell’operazione “Martingala” per la quale 3 degli indagati sono stati rinviati a giudizio per associazione a delinquere aggravata dalle finalità mafiose, ha consentito di accertare come alcuni soggetti gestivano numerose società di “comodo” allocate in Italia ed all’estero attraverso il transito di flussi finanziari, giustificati da apparenti rapporti commerciali, attestati da falsa documentazione contabile, fiscale e di trasporto. Tale sistema, noto come metodo “frodi carosello”, generalmente utilizzato per la frode dell’Iva infracomunitaria, è stato adoperato al fine di occultare l’immissione dei capitali illeciti nel citato circuito criminale.
Le accuse di autoriciclaggio
Tali operazioni hanno consentito al sodalizio di mascherare innumerevoli trasferimenti di denaro da e verso l’estero, funzionali alla realizzazione di molteplici condotte delittuose, in primis l’autoriciclaggio. Gli indagati operavano come una società di servizi: ai medesimi faceva costantemente riferimento un imprenditore milanese che riceveva numerosi bonifici a titolo di pagamenti di transazioni commerciali risultate fittizie.