Non regge il reato associativo per diversi gli imputati del Vibonese coinvolti nell’inchiesta coordinata dalla Dda. Nel mirino il narcotraffico dalla Calabria al Nord
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Arriva la sentenza di secondo grado per l’operazione “Medoro” condotta dalla Dda di Milano. Associazione mafiosa e associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico i principali reati contestati ma dai quali già in primo grado gli imputati erano stati assolti e condannati solo per i reati-fine. Sei imputati avevano invece chiesto un concordato di pena.
Questa la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Milano: 6 anni e 8 mesi (pena concordata) per Luigi Aquilano, 47 anni, di Nicotera, residente a Milano (genero del boss di Limbadi Antonio Mancuso), condannato in primo grado a 12 anni (difeso dall’avvocato Paride Scinica); 3 anni e 4 mesi per Damiano Aquilano, di 41 anni, di Milano, residente a Solaro (Mi) (già coinvolto nell’operazione “Ossessione” della Dda di Catanzaro); 2 anni per Luciano Lioniello, 48 anni, nato a Roma, residente ad Ibiza (condannato in primo grado a 2 anni e 8 mesi); 3 anni e 4 mesi per Giuseppe Di Giacco, di 40 anni, di Badia di Limbadi, residente a Milano (5 anni in primo grado, difeso dall’avvocato Michelangelo Miceli); 2 anni e 8 mesi per Giuseppe D’Angelo, di 46 anni, di Nicotera (avvocato Francesco Capria, condannato in primo grado a 4 anni); 2 anni e 8 mesi per Ylber Mezja, 49 anni, albanese residente a Baranzate (condannato in primo grado a 4 anni); 2 anni per Alfred Lieshi, albanese; un anno e 4 mesi (più un anno di libertà vigilata) per Giovanni Vecchio, di 67 anni, di Nicotera (2 anni e 8 mesi in primo grado, difeso dall’avvocato Paride Scinica); un anno e 4 mesi per Cosimo Michele Iozzolino, 64 anni, di Corigliano Calabro, residente a Milano (erano stati chiesti 3 anni, difeso dall’avvocato Paride Scinica); 4 anni Rosario D’Angelo, 41 anni, di Nicotera, residente a Bresso; 3 anni e 4 mesi Fortunato Palmieri, 39 anni, di Mileto (difeso dagli avvocati Gianfranco Giunta e Michelangelo Miceli); 3 anni e 6 mesi Antonio Messineo, 44 anni, di Locri; 4 anni e 20mila euro di multa Nicola La Valle, 55 anni, nativo di Reggio Calabria ma residente a Milano; 2 anni e 8 mesi Massimiliano Mazzanti, 53 anni, di Milano; assoluzione per Salvatore Comerci, 40 anni, (genero del boss Mancuso Antonio) di Nicotera (4 anni in primo grado, difeso dagli avvocati Paride Scinica e Giuseppe Di Renzo); assoluzione per Nazzareno Calaio, 56 anni, di Milano (3 anni in primo grado); assoluzione per Vito Scravaglieri, 50 anni, di Nova Milanese (4 anni in primo grado); assoluzione per Paolo Mesiano, 48 anni, di Mileto, residente a Monza (3 anni e 6 mesi in primo grado, imputato anche nell’operazione Maestrale Carthago, difeso dagli avvocati Michelangelo Miceli e Leopoldo Marchese); assoluzione perché il fatto non sussiste per Francesco Orazio Desiderato, 51 anni, di Nicotera, residente a Berlassina (Mb) per il quale la stessa Procura generale di Milano aveva chiesto l’assoluzione in luogo dei 2 anni e 8 mesi rimediati in primo grado. Desiderato è difeso dall’avvocato Francesco Capria che già in primo grado era riuscito a ridimensionare le accuse, atteso che la richiesta di pena della Dda ammontava a 9 anni di reclusione.
Le accuse
A Luigi Aquilano, Salvatore Comerci, Francesco Orazio Desiderato, Giuseppe Di Giacco, Nicola La Valle, Giorgio Mariani e Giovanni Vecchio veniva contestato originariamente il reato di associazione mafiosa avendo operato in Lombardia – secondo l’accusa – per conto di alcuni locali di ‘ndrangheta. In particolare, Luigi Aquilano avrebbe mantenuto contatti con il clan Mancuso di Limbadi mentre l’associazione avrebbe creato un collegamento pure con Ibiza, in Spagna.
L’associazione avrebbe cercato di assicurarsi il controllo di diverse attività economiche, in particolare nel settore della somministrazione di alimenti e bevande, oltre a i servizi di sicurezza in Italia ed all’estero. Promotore e vertice dell’associazione dedita al narcotraffico veniva indicato Luigi Aquilano, che ha sposato una figlia del boss Antonio Mancuso (cl ’38). Avrebbe inoltre partecipato ad una riunione con esponenti di altra famiglia di ‘ndrangheta allo stato non identificati, al fine di dirimere una controversia sorta per un debito contratto da Giuseppe Baratta per la fornitura di stupefacente. A Luigi Aquilano sarebbero finiti pure i soldi provento dei delitti dell’associazione.
Il denaro sarebbe stato distribuito dallo stesso Aquilano fra gli associati, provvedendo anche al sostentamento dei detenuti e al pagamento delle spese legali. Salvatore Comerci(assolto), anche lui genero del boss Antonio Mancuso per aver sposato altra figlia, era accusato di aver coadiuvato il cognato Luigi Aquilano nel comando dell’associazione mafiosa e nel traffico di sostanze stupefacenti. Nicola La Valle sarebbe stato, invece, uomo di “massima fiducia” di Luigi Aquilano.