Reggio Calabria – Scacco alla cosca Gallico, egemone sulla piana di Gioia Tauro. La Guardia di finanza ha confiscato a Roma beni per un valore di tre milioni e mezzo di euro riconducibili ad esponenti di spicco del clan di Palmi.


L'operazione, denominata "Caput mundi", è stata condotta dal Comando provinciale di Reggio Calabria delle fiamme gialle insieme allo Scico di Roma, con il coordinamento della Dda dello Stretto. Alla confisca si è arrivati, in esecuzione di provvedimenti emessi dalla sezione di Misure di prevenzione del Tribunale di Reggio. I beni confiscati, riferisce la Guardia di finanza, costituivano un ingente patrimonio, immobiliare e societario accumulato dagli esponenti della cosca a fronte di un'esigua capacità reddituale.

Secondo quanto è emerso dalle indagini, i Gallico avevano posto in essere a Roma cospicui investimenti che avevano permesso loro di creare un rilevante patrimonio, confermando, in tal modo, l'esistenza di plurimi interessi economici della cosca nella capitale. I beni confiscati consistono in unità immobiliari, quote societarie, terreni e rapporti finanziari bancari, postali ed assicurativi.

 

I beni sequestrati a Roma sono riconducibili, secondo le indagini, direttamente o indirettamente, ai due affiliati, nonché referenti nella Capitale della cosca Gallico di Gioia Tauro, Francesco Frisina, di 58 anni e al nipote Alessandro Mazzullo, di 31 anni. Frisina è figlio di Domenico, già affiliato alla cosca ucciso il 4 luglio 1979, nell’ambito della guerra di ‘ndrangheta che sino al 1990, aveva visto coinvolte le cosche Condello e Gallico che ha mietuto più di 50 vittime. Mazzullo è figlio del pregiudicato Giuseppe Mazzullo, ritenuto uno dei “rampolli” emergenti della Cosca Gallico, al quale è stato attribuito il ruolo di intestatario fittizio dell’associazione criminale a Roma.


Dalle indagine è emerso che i Gallico erano riusciti a mettere a segno, in breve tempo, una serie di operazioni finanziarie finalizzate all'acquisizione, diretta o indiretta, di diversi immobili, nonché alla gestione di varie attività commerciali - in primis nel settore della ristorazione - manipolando le regole di libero mercato con l'alterazione dei dettami commerciali e finanziari del contesto socio-economico romano. Inoltre è emerso che, a fronte dell'esigua capacità di reddito, i due hanno investito ingenti capitali.


L’interesse principale della ‘ndrangheta nella capitale era nel settore della ristorazione. Gli inquirenti hanno, infatti, confiscato: le quote sociali e l'intero patrimonio aziendale della Macc 4 Srl, società che si occupa di acquisto, vendita e gestione di bar, ristoranti, pizzerie, rosticcerie, nonché proprietaria del bar Antiche mura; il 30% delle quote del capitale sociale e del patrimonio aziendale, comprensivo dei conti correnti, della Colonna Antonina 2004 Srl titolare, sino al novembre 2009, del noto Bar Chigi; due immobili, tra cui un villino di pregio, a Roma; appezzamenti di terreno agricolo per oltre 12 mila metri quadri.