La società di navigazione privata Caronte & Tourist è stata posta in amministrazione giudiziaria per sei mesi nell'ambito di un provvedimento eseguito stamattina dalla Direzione investigativa antimafia di Reggio Calabria coordinata dalla Procura Distrettuale della Repubblica reggina guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri.

L'azienda, che si occupa del traghettamento tra le sponde calabresi e siciliane dello Stretto di Messina ed è stata valutata 500 milioni di euro, è accusata di aver agevolato esponenti della 'ndrangheta.

Nell'ambito dell'inchiesta, coordinata dai pm Stefano Musolino e Walter Ignazitto, la Sezione misure di prevenzione del Tribunale ha disposto per Caronte & Tourist l'amministrazione giudiziaria. Alle 10.30 è prevista una conferenza stampa nel corso della quale il procuratore Bombardieri e il direttore della Dia, Maurizio Vallone, illustreranno i dettagli dell'operazione denominata Scilla e Cariddi.

Sequestro da 800mila euro a un dipendente

Beni del valore di circa 800.000 euro sono stati sequestrati a Massimo Buda, dipendente della società e figlio di Santo Buda, appartenente all'omonima famiglia di Villa San Giovanni, federata, secondo gli inquirenti, alla cosca Imerti–Condello attiva nel comprensorio di Villa San Giovanni e territori limitrofi. Il sequestro comprende 2 ditte individuali comprensive dell’intero patrimonio aziendale con sede a Villa San Giovanni; 5 appezzamenti di terreno di cui uno edificabile per complessivi 700 metri quadri; 2 appartamenti ed un garage a Villa San Giovanni; un appartamento con box e piccolo vano cantinato nel Comune di Lissone (Mi); disponibilità finanziarie.

Servizi di ristorazione e pulizie a imprese amiche

Le indagini avrebbero fatto emergere, anche grazie alle convergenti dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, la permeabilità della società Caronte & Tourist Spa rispetto ad infiltrazioni della criminalità organizzata, nonché l’agevolazione garantita dalla stessa società in favore di più soggetti legati alla ‘ndrangheta. In particolare sarebbero stati individuati in Domenico Passalacqua, già destinatario di una misura di prevenzione personale e patrimoniale, ed in Massimo Buda, entrambi dipendenti del società marittima, i portatori degli interessi della ‘ndrangheta, agevolati da Caronte & Tourist Spa.

Gli interessi economici dei due sarebbero stati garantiti attribuendo a imprese a loro collegate vari servizi all’interno delle navi che fanno la spola tra le coste siciliane e calabresi. Le imprese nella disponibilità di citati Buda e Passalacqua, in particolare, avrebbero gestito, ricavandone ingenti profitti, i servizi di bar-ristorazione e quelli di pulizia e disinfestazione a bordo delle imbarcazioni, nonché i servizi di prenotazione per gli autotrasportatori che si imbarcano sui traghetti del Gruppo Caronte & Tourist.

Le mani sull'assunzione del personale

Gli esponenti delle cosche sarebbero sono stati anche agevolati tramite l’assunzione di personale da loro segnalato e, nel caso di Passalacqua, garantendo la retribuzione anche durante la latitanza e la sottoposizione a misure cautelari. A Buda, infine, sarebbe stata garantita «una rapida e brillante progressione in carriera», con la capacità di promuovere e gestire le nuove assunzioni e con la delega conferitagli per la risoluzione delle controversie tra dipendenti o con i fornitori.

L’amministrazione giudiziaria, ai sensi dell’art. 34 del codice antimafia, è finalizzata ad intervenire nella governance di Caronte & Tourist Spa, in funzione di «bonifica ed impermeabilizzazione» della struttura aziendale dal rischio di future ed ulteriori contaminazioni criminali ed interferenze mafiose.

La nota compagnia di navigazione ha un capitale sociale di 2.374.310 euro e vanta numerose partecipazioni in altre società, insieme alle quali svolge, in massima parte, servizi di navigazione non solo sullo stretto di Messina, ma anche in ulteriori tratte tra la Sicilia e altre destinazioni. Gli accertamenti investigativi avrebbero anche evidenziato come Massimo Buda, rappresenti la "longa manus" del padre Santo, condannato in appello, nello scorso ottobre, alla pena di 14 anni e 8 mesi di reclusione, nel processo "Sansone", perché ritenuto il reggente della cosca Buda-Imerti di Villa San Giovanni.