Il Tribunale della libertà di Reggio Calabria ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare a carico di Bruno Nirta disponendo la sua immediata scarcerazione e concesso gli arresti domiciliari al figlio, Giuseppe Nirta. Bruno Nirta era indagato dalla Procura, nell’ambito dell’indagine “Martingala”, quale capo-organizzatore “coadiuvando lo Scimone nella organizzazione dei flussi finanziari gestendo in funzione apicale i sistemi d’infiltrazione dell’associazione nel settore degli appalti pubblici e la porzione dell’associazione dedicata all’esercizio abusivo dell’attività finanziaria , anche per il tramite del figlio Giuseppe , svolgendo attività finanziaria relativa alla concessione di prestiti(…) impiegando e trasferendo allo scopo, nelle attività economiche ed imprenditoriali dei fruitori del credito, i proventi della attività delittuose da loro consumate in esecuzione degli scopi dell’associazione a delinquere di cui erano i dirigenti ostacolandone l’identificazione della loro derivazione”.


Nei giorni scorsi si è svolto, in contraddittorio tra le parti, l’udienza camerale al Tribunale del Riesame. L’accusa era rappresentata dal pm Stefano Musolino mentre la difesa dall’avvocato Domenico Putrino e Strangio. L’avvocato Putrino, con una corposa attività investigativa di indagine, ha dimostrato non solo la liceità dei rapporti commerciali esistenti tra Bruno e Giuseppe Nirta con Antonio Scimone ma, ha anche dimostrato l’infondatezza del teorema d’accusa. A dimostrazione dell’infondatezza dell’accusa, la difesa ha prodotto non solo le fatture attestanti la regolarità dei lavori svolti nell’interesse della ditta “Naimo – Lizzi – Scimone” ma, ha dimostrato che il Bruno Nirta è soggetto completamente estraneo a logiche criminali e mafiose, nonostante il pm per dimostrare la sua “ mafiosità “ abbia evidenziato il suo coinvolgimento nel procedimento denominato “Mandamento Ionico”.


L’avvocato Putrino anche in questo caso ha dimostrato l’infondatezza dell’accusa visto che ha prodotto la documentazione da cui emergeva che il Nirta era stato immediatamente scarcerato dal Gip e lo stesso ufficio di Procura non aveva impugnato il provvedimento e richiesto una nuova misura. Con il provvedimento del Riesame viene meno non solo il teorema che voleva il Nirta promotore di una organizzazione ma, viene scompaginato l’impianto accusatorio che sosteneva che i flussi di danaro utilizzati dallo Scimone fossero immessi nel circuito dal Nirta e che questo denaro fosse di provenienza delittuosa.
L’avvocato Putrino ha sottolineato al Tdl che se Bruno Nirta non fosse stato il figlio di Giuseppe Nirta ritenuto uno dei capi assoluti della 'ndrangheta lo stesso certamente non avrebbe subito l’onta della carcerazione.