Non solo omicidi, comparaggi mafiosi, scambio di armi e di killer sull’asse Crotone-Vibo, ma anche affari fra i più redditizi come il traffico di sostanze stupefacenti. Cocaina per la precisione. Ad ulteriore conferma - ove ve ne fosse bisogno - che gli istituti di pena in Italia non svolgono quell’opera di rieducazione dei condannati voluta dalla Costituzione, alcuni esponenti della criminalità vibonese avrebbero pianificato in carcere con esponenti ritenuti di primo piano nella ‘ndrangheta crotonese l’importazione di cocaina.

E’ nel corso di un comune periodo di detenzione fra Raffaele Moscato (killer del clan dei Piscopisani), Rosario Battaglia e Paolo Lentini, quest’ultimo indicato quale “contabile” del potente clan Arena di Isola Capo Rizzuto, che sarebbe nata infatti l’idea di mettere in piedi un grosso traffico di sostanze stupefacente utilizzando “canali” di approvvigionamento già sperimentati dai narcotrafficanti vibonesi.

 

Il “controllo” dell’aeroporto di Crotone. Per far ciò ai vibonesi ed ai crotonesi sarebbe stato utile servirsi di uno scalo aeroportuale in cui far atterrare la cocaina dal Sud America senza problemi, specie dopo i sequestri di quintali di stupefacente giunti via mare nei porti di Gioia Tauro e Livorno.

E’ Raffaele Moscato a spiegare ai magistrati della Dda di Catanzaro che Paolo Lentini ed il clan Arena sarebbero stati “in grado di controllare anche l’aeroporto di Crotone qualora si fosse posto in opera un progetto di traffico di droga, del quale si parlava in carcere – svela il collaboratore di giustizia - e che avremmo dovuto realizzare con Franzé Antonio che se ne riforniva attraverso il canale di approvvigionamento riconducibile Vincenzo Barbieri”, quest’ultimo broker della cocaina di livello internazionale ucciso nel marzo del 2011 nella “sua” San Calogero, nel Vibonese, a colpi di fucile.

 

Un traffico di cocaina probabilmente rimasto allo stato embrionale, atteso che nessuno ha poi riacquistato – salvo brevi parentesi – la libertà, ma che apre un nuovo filone d’indagine per appurare se, ed in che modo, il clan Arena potesse contare di appoggi e di agganci nello scalo aeroportuale di Crotone.

Antonio Franzè, alias “Platinì”, di Vibo Valentia (non indagato nell’inchiesta “Jonny”), è rimasto invece coinvolto nell’operazione antidroga denominata “Meta 2010” contro il narcotraffico internazionale. Condannato in appello a Reggio Calabria a 15 anni ed 8 mesi di reclusione per l’importazione di centinaia di chili di cocaina dal Sud America, nel giugno dello scorso anno Franzè si è visto annullare dalla Cassazione la sentenza limitatamente ad un solo capo di imputazione e per la sola modifica della pena.

Un “legame”, quello con i Piscopisani, che si sarebbe cementato in carcere, con lo stesso Antonio Franzè che – a detta di Moscato – sarebbe stato “battezzato” nella ‘ndrangheta proprio nel corso di un comune periodo di detenzione. Ad “affiliarlo”, sempre secondo le confessioni del collaboratore di giustizia, sarebbero stati lo stesso Raffaele Moscato e Rosario Battaglia.