Come viene descritta la ‘ndrangheta di Cosenza nelle carte dell’inchiesta della Dda di Catanzaro? Gli inquirenti antimafia partono dal “Crimine di Polsi” per raccontare e illustrare i contenuti di un’organizzazione che negli anni ha vissuto notevoli mutazioni dal punto di vista criminale. Lo hanno spiegato in modo più o meno dettagliato i tantissimi collaboratori di giustizia che hanno aiutato i magistrati e gli investigatori del Distretto giudiziario d Catanzaro a ricostruire le varie dinamiche interne alle cosche e non solo.

Tra gli strumenti utilizzati dai pm, ci sono state e ci sono (e ci saranno) anche le intercettazioni ambientali e telefoniche capaci di svelare i rapporti di natura illecita tra boss, affiliati e vittime. Un “Sistema“, quello cosentino, che si basa soprattutto sul narcotraffico. Ne sono prova le inchieste contro il traffico di sostanze stupefacenti coordinate dalla Dda di Catanzaro nel corso degli ultimi dieci anni, tutte concluse con sentenze di condanna. Poi ci sono le estorsioni, gli atti intimidatori e l’usura. Attività non consentite dalla legge che fruttano denaro “sporco” da versare nella cosiddetta “bacinella comune“. Anche su questo punto i pentiti hanno riferito di circostanze facendo i nomi dei rispettivi “contabili".

La ‘ndrangheta cosentina e la “gang di quartiere”

Il quadro in cui opera la ‘ndrangheta cosentina è questo. Oggi, però, è più corretto dire che l’operatività dell’organizzazione mafiosa può richiamare la tipicità della “gang di quartiere” senza dimenticare la ritualità ‘ndranghetistiche che attualmente si affiancano a soggetti che si avvicinano al fenomeno mafioso come forma di «aggregazione sociale», da cui trarre giovamenti economici.

«La commistione di tali aspetti – evidenzia la Dda di Catanzaro – rende oggi la ‘ndrangheta cosentina un fenomeno peculiare, un sistema rappresentato da un’associazione criminale organizzata nella quale convivono funzionalmente soggetti già legati familisticamente agli storici referenti dell’associazione stessa e soggetti criminali emergenti di specifiche zone della città e dei comuni dell’hinterland cosentino, portati e/o desiderosi di qualificare in senso mafioso le proprie attività delittuose».

Spiegare la ‘ndrangheta cosentina partendo dal Crimine di Polsi

L’ufficio coordinato da Nicola Gratteri prende spunto dal “Crimine di Polsi“, dove la Cassazione accertò l’unitarietà della mafia calabrese, per descrivere i connotati del fenomeno criminale locale. «Il fenomeno della ‘ndrangheta ha ottenuto un recente riconoscimento giudiziario da parte della Corte di Cassazione attraverso la sentenza n. 830/2016 del 30.12.2016 (sentenza cosiddetta Crimine) che per la prima volta ha individuato e affermato la tendenziale unitarietà della organizzazione criminale di stampo mafioso denominata ‘ndrangheta, pur nella persistente autonomia delle singole articolazioni territoriali, in un modernissimo e difficile equilibrio tra centralismo delle regole e dei rituali e decentramento delle ordinarie attività illecite».

Il “Crimine di Polsi” custode del potere criminale e delle sue regole

«La ’ndrangheta – sottolinea la Dda di Catanzaro – si propone quale modello socio-criminale associativo tipicamente operativo su tutto il territorio calabrese (ma con potenziali proiezioni in altre parti del territorio nazionale ed estero), strutturata in articolazioni territoriali e funzionali e validata attraverso il riconoscimento e l’osservanza di regole e simboli. Sotto il profilo delle articolazioni, queste si individuano in locali e ‘ndrine dislocate sul territorio e riconducibili al cosiddetto “Crimine di Polsi” (luogo simbolicamente inteso quale custode del potere criminale e delle sue regole), ma svincolate da una dipendenza gerarchica-operativa in senso stretto».

“L’onorata società” della ‘ndrangheta

«Si tratta, invero, di singole articolazioni territoriali dotate di una sostanziale autonomia operativa che si richiamano solo formalmente al Crimine di Polsi, al fine di agganciarsi all’esistenza di organi più alti di decisione, raccordo e compensazione in grado di assumere decisioni strategiche e garantire l’omogenea osservanza delle regole alla base dell’ordinamento della struttura criminale, quindi mantenere un controllo sull’inserimento di ciascun associato nella “onorata società” della ‘ndrangheta così impedendo la proliferazione indiscriminata di affiliazioni, e garantire l’interazione tra le diverse componenti e articolazioni dell’associazione, offrire agli affiliati mutuo riconoscimento e reciproca assistenza in virtù della comune appartenenza all’organizzazione criminale».