La guardia di finanza ha arrestato, questa mattina, 15 persone per presunte infiltrazioni mafiose nei subappalti per i lavori della rete ferroviaria. L'operazione è stata coordinata dalla procura distrettuale di Milano e condotta dalle Fiamme gialle del capoluogo lombardo e di Varese. Eseguito, inoltre, un sequestro preventivo di beni per un valore pari a 6,5 milioni di euro. Secondo quanto appreso Rfi è parte offesa nel procedimento.  Tra gli indagati anche l'imprenditrice calabrese Maria Antonietta Ventura, manager dell'omonimo gruppo imprenditoriale di Crotone.

Nell'ordinanza cautelare è contestata l'associazione per delinquere finalizzata a reati tributari e bancarotta e ad alcuni arrestati l'aggravante dell'agevolazione mafiosa, perché con un sistema di incassi in nero società riconducibili ai clan, attive tra il Varesotto e Isola Capo Rizzuto (Crotone), avrebbero sostenuto affiliati detenuti e le loro famiglie.

Le indagini, spiega il procuratore, hanno ricostruito «una rete di società fittiziamente intestate a prestanome, i quali sono risultati fiduciari dei principali indagati» destinatari dell'ordinanza, «tutti soggetti in rapporto di contiguità-parentela con la famiglia 'ndranghetista Arena-Nicoscia».

Gli inquirenti ipotizzano che gli arrestati incassassero profitti "ingenti" dalla «sottoscrizione di contratti apparentemente di "distacco di manodopera", ma di fatto di "pura somministrazione"» di lavoratori. Contratti stipulati con «le società appaltatrici delle commesse di Rfi spa per la realizzazione di lavori di manutenzione e armamento delle rete ferroviaria» in svariate regioni. I 6,5 milioni di euro sequestrati, con 'sigilli' su beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie, riguardano «i profitti derivanti dai reati frode fiscale e dalla omessa presentazione delle prescritte dichiarazioni di imposta e dalla compensazioni di debiti erariali con falsi crediti Iva».

«Adesso vai a prelevare...mi porti 2.000 euro al mese... a me...che abbiamo i nostri carcerati da mantenere». È questo il tono delle intercettazioni che si leggono nell'ordinanza del gip di Milano. Dialoghi in cui parlano, in particolare, i fratelli Antonio e Alfonso Aloisio, finiti in carcere, che si presentano come imprenditori, ma sarebbero «contigui alla 'ndrangheta», scrive il giudice, e si inseriscono «in modo spregiudicato in contesti imprenditoriali di rilevante spessore, riuscendo in breve tempo a diventare partner delle maggiori imprese operanti nel settore dell'armamento e della manutenzione di reti ferroviarie».

Dalle cosche mutano «i metodi violenti per la risoluzione di controversie che possono insorgere sui loro cantieri o con gli operai che vi lavorano». Così respingono un tentativo di estorsione, minacciano «un fornitore che sollecita il pagamento delle sue prestazioni» e puniscono «un operaio che aveva appiccato l'incendio in un magazzino per protesta contro la mancata apertura di una pratica infortunistica».

Episodi a cui i due fratelli, parlando nel giugno 2019, fanno riferimento con frasi come «volevano la mazzetta? (...) te la do io la mazzetta, nel cuore te la infilo». E ancora, riferendosi a una persona con cui avevano avuto contrasti, Antonio Aloisio spiega di avergli detto «vedi che te li portiamo al tuo funerale i fiori».

E Alfonso: «Guarda che i fiori noi li portiamo per dote, dalla nascita, si è tappato la bocca con me». Tante le intercettazioni di presunte minacce e intimidazioni nelle oltre 380 pagine dell'ordinanza.