Sono tra i quindici destinatari di ordinanza di custodia cautelare nell'ambito dell'inchiesta della Dda di Milano, in cui risulta coinvolta anche l'imprenditrice calabrese Maria Antonietta Ventura
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Si sono costituiti due dei quindici destinatari dell'ordinanza di custodia cautelare eseguita dalla guardia di Finanza di Varese e di Milano nell'ambito dell'inchiesta della Dda milanese che ha ipotizzato, tra l'altro, presunte infiltrazioni delle cosche nei lavori sulla rete ferroviaria.
I due, che tre giorni fa mancavano all'appello, sono Maurizio Aloisio, 43 anni e Francesco Aloisio, amministratori di fatto di alcune società, in gran parte fallite, al centro dell'indagine del pm Bruna Albertini e finiti in cella assieme ad altre 9 persone, tra cui altri due loro fratelli Alfonso e Antonio e Aloisio. Per ulteriori 4 sono stati disposti i domiciliari.
Oggi davanti al gip sono cominciati gli interrogatori di garanzia che dovrebbero concludersi domani. Tra questi quelli di Antonio e Alfonso Aloisio, - il primo ha risposto alle domande e il secondo si è avvalso della facoltà di non rispondere - i fratelli dei due che si sono costituiti.
Le accuse a vario titolo sono associazione a delinquere finalizzata alle fatture false, bancarotta e somministrazione illecita di manodopera e per alcuni anche l'aggravante di aver così agevolato l'attività della criminalità organizzata.
Secondo il quadro emerso dagli atti, Rfi, che è parte offesa, avrebbe commissionato lavori di manutenzione a grandi aziende, come Gcf del Gruppo Rossi e la Francesco Ventura Costruzioni Ferroviarie. Queste a loro volta avrebbero fatto ricorso, con la formula del "distacco della manodopera" ad altre società riconducibili alle famiglie Aloisio e Giardina le quali, per la procura, sarebbero legate alle cosche Nicoscia-Arena di Isola di Capo Rizzuto.
Tra gli indagati dell'inchiesta milanese (36 in tutto) anche l'imprenditrice calabrese Maria Antonietta Ventura. Presidente del cda del Gruppo Ventura, era stata candidata da centrosinistra e Cinque stelle alla presidenza della Calabria e la scorsa estate si era ritirata dalla corsa. Nei suoi confronti il pm Bruna Albertini aveva chiesto i domiciliari, mentre nei confronti di Alessandro e Edoardo Rossi, ai vertici dell'omonimo gruppo che lavora pure in Svizzera e nel Nord Europa, aveva chiesto il carcere. E poiché il giudice delle indagini preliminari ha rigettato queste e altre 17 richieste di arresto in quanto ha condiviso «solo in parte» l'impostazione ipotizzata, ora il pubblico ministero dovrebbe fare appello davanti al Tribunale del Riesame.