MILANO – Quattro anni e 5 mesi per il giudice del tribunale di Reggio Calabria, Vincenzo Giuseppe Giglio. Otto anni e tre mesi per l’ex consigliere regionale della Calabria, Francesco Morelli. Queste le pene inflitte dalla Corte d’Appello di Milano a due dei principali imputati del processo sulle infiltrazioni del clan della ‘ndrangheta Valle-Lampada in Lombardia. La condanna più alta è stata comminata a Giulio Lampada, 14 anni e 5 mesi di reclusione. In sostanza la Corte ha accolto le richieste del pg Laura Barbaini che aveva chiesto la conferma delle condanne inflitte in primo grado.

 

Il verdetto. La sentenza è arrivata poco dopo le 16. I giudici si erano ritirati in Camera di consiglio, dopo aver depositato una sentenza della quinta Corte d'Appello che aveva respinto la richiesta di ricusazione del collegio giudicante del processo avanzata nei giorni scorsi dai legali di uno degli imputati. Il processo in appello rischiava quindi, in caso di accoglimento, di dover ripartire dall’inizio davanti a un nuovo collegio giudicante. Così non è stato ed il verdetto è arrivato puntuale.

 

Le accuse. Vincenzo Giuseppe Giglio e Francesco Morelli in primo grado erano stati condannati rispettivamente a 4 anni e 7 mesi e ad 8 anni e 4 mesi. L'ex magistrato è accusato di corruzione, rivelazione del segreto d'ufficio e favoreggiamento aggravato per aver agevolato le attività del clan, mentre il politico di concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione.

 

Ricorso in Cassazione. "Siamo rimasti stupiti dalla decisione della Corte d'Appello, anche perchè non sono mai stati dimostrati i legami tra le famiglie Valle e Lampada: faremo ricorso in Cassazione". Lo ha spiegato l'avvocato Amedeo Rizza, legale di Leonardo Valle, dopo la conferma in Appello delle condanne inflitte in primo grado nel processo con al centro la cosiddetta "zona grigia" della 'ndrangheta. Sulla stessa linea l'avvocato Manlio Morcella, difensore degli imputati Raffaella Firminio, Maria Valle e Francesco Lampada. "E' una decisione assolutamente non condivisibile anche perchè secondo noi non è stato dimostrato il metodo mafioso. Attendiamo le motivazioni della sentenza e in seguito faremo ricorso in Cassazione".