Il Consiglio dei ministri aveva deliberato lo scioglimento per infiltrazioni da parte della criminalità organizzata del del piccolo centro del Reggino nel maggio del 2017
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Sono legittimi gli atti con i quali nel maggio 2017 è stato deliberato lo scioglimento del Consiglio comunale di Canolo (Reggio Calabria) per infiltrazioni da parte della criminalità organizzata. L'ha deciso il Tar del Lazio con una sentenza con la quale ha respinto un ricorso proposto dall'ex sindaco Rosita Femia e dai consiglieri comunali Giuseppe Femia e Francesco Tafaria. Canolo, comune di 860 abitanti, era finito sotto la lente della Prefettura reggina che inviò una Commissione d'accesso, secondo la quale sussistevano forme d'ingerenza nell'attività degli organi elettivi da parte della criminalità organizzata.
Per il Tar, nella relazione d'accesso è stato "abbondantemente illustrato che era stato preso in considerazione un quadro indiziario generale idoneo a configurare i presupposti per lo scioglimento del consiglio comunale"; in più, "ad essere stata correttamente stigmatizzata, era la tendenza dell'attività degli organi politici a non porre in essere ciò che era loro compito nel dare luogo anche solo ad un'opera di vigilanza e controllo dell'apparato burocratico, al fine di evitare ingerenze da parte della criminalità organizzata, i cui esponenti comunque avevano (anche solo autonomamente) ritenuto comunque di trarre vantaggi dall'elezione del sindaco".
Il quadro indiziario complessivamente emerso dagli accertamenti istruttori fatti, "valutato come significativo di una gestione amministrativa poco lineare, rende quindi ragionevolmente plausibile la conclusione per la quale l'attività dell'ente era, sia concretamente che potenzialmente anche per il futuro, permeata e permeabile a possibili ingerenze e pressioni da parte della criminalità organizzata specificamente individuata".