Il collaboratore di giustizia Lorenzo Bruzzese sarebbe stato avvicinato da due soggetti che lo avrebbero raggiunto nella località protetta intimandogli di non recarsi in aula per l'udienza del 20 settembre. È stato lo stesso collaboratore, davanti al Tribunale di Palmi, dove si sta celebrando il processo "Faust" a cosche della 'ndrangheta, a denunciare stamattina il grave episodio. In quella data, effettivamente, il pentito non si è presentato in aula. I due uomini, che evidentemente erano a conoscenza di dove Bruzzese vive con la famiglia, avrebbero bussato alla sua porta, gli avrebbero detto che per ora non gli sarebbe stato fatto del male e lo avrebbero invitato a ritrattare tutte le sue dichiarazioni rese ai pm contro la 'ndrangheta di Rosarno.

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Stamattina Bruzzese si è presentato in aula per essere interrogato dal sostituto della Dda di Reggio Calabria Sabrina Fornaro e dal presidente del Tribunale di Palmi Francesco Petrone davanti ai quali ha confermato le accuse rese durante le indagini contro la cosca Pisano, detti "i Diavoli", e ha spiegato le attività illecite della famiglia di 'ndrangheta che sul territorio, secondo i pm, si occupa di traffico di droga, armi estorsioni e usura.

Fratello del narcotrafficante internazionale Joseph Bruzzese, il pentito ha anche dichiarato di essere uscito dal programma previsto dal sistema centrale di protezione previsto per i collaboratori di giustizia e di vivere senza alcuna tutela in una località segreta assieme ai suoi familiari. Al termine dell'udienza, l'avvocato Michele Gigliotti, che assiste Bruzzese, ha chiesto di sapere quali determinazioni assumerà la Procura di Reggio Calabria e in aula è stato spiegato che il verbale con le dichiarazioni del pentito sarà acquisito dalla Dda che aprirà un'indagine sull'accaduto.