Nell’inchiesta della Dda di Catanzaro finisce anche il tentativo di furto a una filiale della Carime orchestato con un basista poi licenziato dall’istituto di credito. Il quartier generale del gruppo era a Mater Domini. Qui sodali e gregari si incontravano di notte
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Il quartier generale della presunta organizzazione finita oggi nel mirino della Dda di Catanzaro era la casa del popolo. Una costruzione in legno ubicata nel quartiere Mater Domini, nei pressi dello spiazzo dove ogni mercoledì si svolge il mercato rionale. Qui si riunivano con frequenza, soprattutto nelle ore serali, capi e gregari ed è anche il luogo dove gli investigatori a partire dall’ottobre del 2014 piazzano una telecamera che censisce il via vai di incontri serrati, affollati; come ricostruito nell’inchiesta denominata “Clean money” che ha portato questa mattina all’arresto di 22 persone accusate di associazione di stampo mafioso.
Il quartier generale a Mater Domini
Il primo ad arrivare e l’ultimo ad andar via era Lorenzo Iiritano, ritenuto promotore, capo e organizzatore, punto di riferimento del presunto clan e referente all’esterno. Ma l’organizzazione avrebbe anche potuto contare su “comitati circoscrizionali”, uomini di fiducia del capo a controllo dei diversi quartieri cittadini.
I comitati circoscrizionali
È il caso di Pietro Procopio, per chi indaga capo storico del clan dei Gaglianesi e referente del gruppo sul rione Santa Maria. Specializzato nella risoluzione delle controversie e delle liti di quartiere e colui il quale avrebbe curato il mantenimento in carcere dello storico boss del clan Girolamo Costanzo. Attivo anche nel settore delle affissioni comunali; secondo quanto ricostruito, si sarebbe fatto versare somme di denaro per affiggere i manifesti elettorali in città.
Il placet del capo
Il colpo in banca organizzato fin nei minimi dettagli ma saltato solo per un errore d’esecuzione, aveva infatti ottenuto il preventivo placet di Lorenzo Iiritano. La benedizione. La filiale presa di mira era la Carime vicino piazza dell’Osservanza. Le perlustrazioni attorno all’istituto di credito iniziano già a partire da settembre 2014 ma la data del colpo è fissata per il 3 novembre. “La partitella”, nel gergo degli organizzatori intercettati, che avrebbe potuto contare sul sostegno di un dipendente infedele. Poi licenziato a seguito dei fatti, ma nella fase preparatoria avrebbe però ceduto la sua sua scheda personale per consentire l’accesso in filiale.
Il colpo in banca, fallito
Si susseguono i sopralluoghi per preparare la fuga: si fa rifornimento al motorino, si studiano gli incroci nella zona, le strade da imboccare per allontanarsi celermente. Alle 16.30 gli uffici sarebbe stato chiusi e così anche il tribunale. Dopo l’ennesimo giro perlustrativo i due scendono dal motorino e si accostano alla porta d’accesso della banca, strisciano il badge la prima volta, la seconda volta. Niente.
La fuga a mani vuote
La successione degli eventi viene ricostruita dagli stessi racconti dei protagonisti che a colpo fallito commentano l’episodio. «Avrei voluto sfasciare tutto» confessa qualcuno, la prima impressione è che il badge avesse una durata temporanea. Solo dopo l’ennesimo tentativo la porta finalmente si apre ma la decisione, infine, è quella di non procedere dopo esser rimasti esposti a lungo sotto il cono delle telecamere. Quindi, il rammarico per l’esito sfavorevole del progetto, già si pregustava con felicità l’arrivo da «zio Iiritano» per dividere il bottino.