“Il capannone degli Annunziata a Vibo Valentia era stato realizzato dai Restuccia, Angelo e Vincenzo.Vincenzo Restuccia per accreditarsi come vittima delle cosche, ogni tanto si faceva bruciare un vecchio escavatore. I Restuccia storicamente sono stati nelle mani di Luigi Mancuso di Limbadi. Allorché costui cadde in disgrazia, allora Vincenzo Restuccia aveva instaurato rapporti anche con i De Stefano di Reggio Calabria. Angelo Restuccia, detto U Panzuni” era nelle mani di Pantoleone Mancuso detto Scarpuni”. 

E’ il collaboratore di giustizia, Andrea Mantella, di Vibo Valentia, a parlare con i pm della Dda di Reggio Calabria e le sue dichiarazioni sono state acquisite nel processo che vede imputato l’imprenditore Alfonso Annunziata, 75 anni, titolare dell’omonimo centro commerciale di Gioia Tauro, ma con negozi anche a Vibo Valentia lungo la Statale 18 ed a Lamezia Terme nel parco commerciale dei Due Mari, coinvolto nel marzo 2015 nell’ambito dell’operazione antimafia denominata “Bucefalo”condotta dalla Dda di Reggio Calabria. “Nel 2009 – spiega Mantella – avevo preso parte a degli incontri con Paolino D’Elia, il proprietario del centro commerciale Alfonso Annunziata, Peppino Piromalli, Gianfranco Ferrante e Mazzaferro per risolvere la questione". Nel racconto di Andrea Mantella non torna il nome di Peppino Piromalli, il boss dei boss (cl. ’21) dell’omonimo clan di Gioia Tauro, deceduto però nel 2005.Anche se il riferimento potrebbe essere invece al nipote Pino Piromalli (cl. ’45), lo stesso è tuttora detenuto sin dalla metà degli anni ’90. Andrea Mantella sostiene in ogni caso di aver incontrato e conosciuto i Piromalli sin dal 2004 attraverso Paolo D’Elia – il vecchio patriarca della ‘ndrangheta di Seminara, poi trasferitosi a Vibo per sfuggire ad una faida - e il boss Paolo Lo Bianco di Vibo. All’incontro sarebbe stato presente anche Gianfranco Ferrante, titolare di un bar a Vibo e finito poi nell’operazione “Robin Hood” della Dda di Catanzaro insieme al consigliere regionale Nazzareno Salerno. “In quell’occasione c’era anche Gioacchino Piromalli. 

Verso il 2004 avevo incontrato Pino Piromalli che all’epoca doveva avere circa 50 anni. La ragione per cui andavamo nei locali di Annunziata a Gioia Tauro era dovuto al fatto che si trattava di un uomo dei Piromalli, in pratica si identificava con loro”. Anche in questo caso, il racconto di Andrea Mantella non torna sulla presenza all’incontro da parte del boss Pino Piromalli (cl. ’45), alias “Facciazza”, che nel 2004 si trovava già detenuto da tempo. “Angelo Restuccia era nelle mani di Pantaleone Mancuso, alias Scarpuni – dichiara Mantella –  e so che don Angelo scendeva lì da Pantaleone e si incontrava nelle campagne, tanto è vero che io stavo acquistando a chiacchiere un capannone da questo Angelo. Storicamente Vincenzo e Angelo Restuccia tutti e due hanno fatto i soldi con i soldi dei Mancuso, poi può essere però che don Angelo rispetto a Vincenzo la fa meno schifosa”. 

Alfonso Annunziata è ritornato in libertà nell’aprile scorso. Nel corso del processo ha respinto l'accusadi essere colluso con i Piromalli-Molè o di aver fatto loro da"prestanome", ma ha “confessato” di aver pagato per anni 50 milioni di lire e poi 25mila euro al clan Piromalli. Altri 38mila euro ha dichiarato di averli versati a Rocco Molè, poi ucciso nel febbraio del 2008. Dopo tale fatto di sangue - a detta di Alfonso Annunziata - nessuno si sarebbe più presentato per chiedergli denaro. Altre somme, l’imprenditore ha dichiarato di aver versato al boss Peppino Piromalli (cl. ’21) di Gioia Tauro per avergli permesso sul finire degli anni ’80 di far rientro a Gioia Tauro dopo la fuga a San Giuseppe Vesuviano in quanto “tartassato” dalle richieste estorsive dei clan. L’inchiesta della Dda ed ora il processo mirano a far luce sull’ascesa imprenditoriale di Alfonso Annunziata, arrivato a Gioia Tauro negli anni ’80 come venditore ambulante e diventato in poco tempo il leader nel mercato dell’abbigliamento. Secondo la Dda di Reggio Calabria, Alfonso Annunziata avrebbe stretto negli anni ’80 un accordo con Peppino Piromalli (cl. ’21), deceduto nel 2005 e fondatore dell’omonimo clan della ‘ndrangheta insieme al fratello Girolamo, alias “don Mommo”, morto invece nel 1979. Da Peppino Piromalli l’imprenditore napoletano – dopo essere stato in un primo tempo allontanato dalla Calabria – avrebbe ricevuto il permesso di ritornare a Gioia Tauro per realizzare il primo negozio in una zona centrale di Gioia Tauro. Successivamente è avvenuto l’acquisto del terreno nei pressi dello svincolo autostradale dove attualmente sorge il parco commerciale “Annunziata”. 

Ad avviso della Dda, i soldi per l’acquisto del terreno sarebbero stati dati ad Annunziata da Pino Piromalli (cl. ’45), alias “Facciazza”, nipote di Peppino Piromalli in quanto figlio di Antonino Piromalli (ucciso negli anni ’50 nella faida con la famiglia Carlino), quest’ultimo fratello di don Mommo e dello stesso don Peppino. Pino Piromalli – attualmente in carcere perché condannato nei processi nati dalle operazioni “Tirreno” e “Cent’anni di storia” – avrebbe quindi intestato il terreno ad Alfonso Annunziata ricevendo in cambio il denaro ricavato con l’apertura della nuova attività imprenditoriale e la possibilità di far eseguire i lavori ad imprese amiche. Una piccola battuta di arresto si è registrata solo nel 2008, quando anche i Molè – da sempre fedeli alleati dei Piromalli, oltre che legati da rapporti di parentela – avrebbero reclamato la loro fetta di affari pure nel parco commerciale “Annunziata”. Secondo gli inquirenti della Dda di Reggio Calabria sarebbe stato questo il momento più acuto dello scontro tra le due storiche famiglie di ‘ndrangheta di Gioia Tauro. Una frattura profonda, con la scissione definitivamente sancita attraverso l’omicidio, nel febbraio 2008, di Rocco Molè e il trionfo – ancora una volta – dei Piromalli, il casato di ‘ndrangheta più potente dell’intera Calabria.