Pasquale Notarianni, pur essendo agli arresti domiciliari, non aveva affatto perso i contatti con il resto del clan Giampà e, secondo gli inquirenti, fondamentale per i collegamenti si sarebbe rivelata la moglie Alessandra Folino. Anche la donna risulta tra i fermati dell’operazione “Filo rosso” e a lei i magistrati della Dda di Catanzaro attribuiscono il ruolo di “latrice delle imbasciate” che il consorte dava e riceveva dal proprio domicilio di Lamezia.

La circostanza della possibilità per Notarianni di organizzare la rete di spaccio di stupefacenti sarebbe confermata tra l’altro da una intercettazione ambientale del 29 novembre scorso, in cui si sente la Folino favorire l’incontro in casa tra il marito e un “certo Luigi”. Con i domiciliari di mezzo e la convinzione dell’impunità, la donna si sarebbe dimostrata perfino capace di organizzare cene con altri sodali, tra cui Saverio Giampà. I magistrati annotano che a uno di questi incontri, esattamente il 3 dicembre scorso, l’invito della Folino sarebbe stato allargato anche ad una “certa Concetta”. Conviviale a quattro che sarebbe nato da una telefonata in cui la donna incassava l’assenso di Giampà.

 

L’abitazione di Notarianni era però piena di cimici e, secondo la Dda di Catanzaro, indubbia sarebbe la sua volontà di utilizzare la moglie come trait d’union con il mondo esterno. In questo senso il 14 febbraio scorso la Folino sarebbe stata incaricata di “recarsi da tale Tonino per dirgli che avrebbe dovuto portargli subito mille euro in quanto doveva fare un movimento”.  
  

Un’assoluta tranquillità nei rapporti che però ad un certo punto si spezza. Sempre tramite la moglie, Notarianni avrebbe infatti voluto far sapere “a Luigi Leone – si legge nel fermo di indiziato di delitto - di non andare più a casa loro con la propria autovettura e di adottare ogni precauzione utile ad eludere eventuali controlli” raccomandandolo che “qualora avesse dovuto recarsi a casa sua avrebbe dovuto farlo entrando dal retro e tenendo gli occhi ben aperti”.

 

Il notevole potere che Notarianni ancora esercitava, in combutta con la moglie, sarebbe poi confermato da un’intercettazione del 15 febbraio.

“Pasquale e Alessandra – si legge nel fermo della Dda - facevano presente che gli inquirenti avevano convocato ed escusso a verbale alcuni commercianti per chiedere loro se erano sottoposti ad estorsione. Nella circostanza, Pasquale asseriva che per le estorsioni non poteva essere arrestato in quanto non ne chiedeva a nessuno ma, al contrario, poteva essere arrestato per aver smerciato qualche chilo di sostanza stupefacente”. Sono almeno due gli elementi interessanti in un fraseggio assai eloquente da un lato per capire che marito e moglie avevano informazioni di prima mano circa le indagini in cui era ancora al centro Notarianni, dall’altro per dare agli inquirenti la conferma che cercavano circa la funzione dell’uomo all’interno del gruppo. “In proposito – concludono i magistrati - risultava evidente che Pasquale Notarianni aveva esplicitato il vero sullo spaccio di sostanza stupefacente con dichiarazioni, genuine, auto accusatorie”.

Agostino Pantano