I carabinieri del Ros hanno arrestato quattro persone ritenute appartenenti alla 'ndrangheta accusate di associazione di tipo mafioso, omicidio e detenzione illegale di armi. L'operazione è stata effettuata con il supporto, in fase esecutiva, dei comandi provinciali di Ancona, Reggio Calabria, Catanzaro, Brescia, Napoli, Torino, Pesaro, Vibo Valentia e del Gruppo intervento speciale (Gis). I provvedimenti di fermo di indiziato di delitto sono stati emessi dalle procure distrettuali antimafia di Ancona e Reggio Calabria.

I soggetti sottoposti a fermo sono ritenuti al servizio della cosca Crea di Rizziconi. Le indagini hanno fatto luce sull'omicidio di Marcello Bruzzese, fratello del collaboratore di giustizia Girolamo Biagio Bruzzese, che si era dissociato dal clan Crea nel 2003 dopo aver attentato alla vita del boss Teodoro Crea, nell'ottobre di quell'anno.

I due fermati dalla procura antimafia di Reggio Calabria sono Vincenzo Larosa e Michelangelo Tripodi. Larosa è indiziato di associazione mafiosa, mentre Tripodi è indiziato dell’omicidio di Marcello Bruzzese, in concorso con gli altri due fermati dalla Dda di Ancona, Francesco Candiloro e Rocco Versace. Tutti e quattro sono calabresi. 

La vendetta trasversale della cosca di 'ndrangheta della Piana di Gioia Tauro si è consumata il giorno di Natale del 2018. Gli uomini del clan hanno agito conoscendo la località protetta dove risiedevano i familiari del pentito Bruzzese. I sicari incappucciati hanno atteso Marcello Bruzzese fuori dalla sua abitazione, nel centro storico di Pesaro, in via Bovio, sparandogli contro un intero caricatore con una pistola automatica calibro 9.

Le indagini, andate avanti per quasi tre anni, hanno portato all'identificazione di tre uomini ritenuti organizzatori ed esecutori materiali del delitto, e hanno permesso di ricostruire le varie fasi in cui l'omicidio è stato portato a compimento. Tripodi e Candiloro, 43 e 42 anni, sarebbero gli esecutori materiali del delitto mentre Versace (54 anni) li avrebbe aiutati nella pianificazione.

«Un omicidio di gravità inaudita - ha detto il procuratore distrettuale di Ancona Monica Garulli in conferenza stampa - che ha scosso la comunità per valenza intimidatoria finalizzata a destabilizzare giustizia e collaboratori. Richiesto utilizzo di metodiche non solo tradizionali».

La sezione anticrimine del Ros di Ancona è stata impegnata in una lunga analisi di dati. Elaborazioni investigative complesse che hanno preso il via dai filmati delle telecamere di videosorveglianza della città di Pesaro dove spiccavano due volti maschili, anche se con volto travisato, ripresi nel centro in prossimità della casa della vittima. Erano a piedi e anche in auto, il giorno dell'omicidio e in quelli precedenti.

Nei periodi immediatamente precedenti al delitto, è infatti emerso dalle indagini, gli indiziati avevano condotto minuziosi e ripetuti sopralluoghi per studiare le abitudini della vittima, servendosi, in queste circostanze, di documenti falsi e di una serie di accorgimenti utili a impedire la propria identificazione. È stato anche accertato che gli indiziati avevano esteso le attività di sopralluogo e monitoraggio anche ai fratelli di Marcello Bruzzese, residenti in altre e diverse località protette e avevano tentato di contattare i Bruzzese sul web, attraverso fittizi account.

All’omicidio, rileva chi indaga, va quindi attribuita una valenza strategica, in quanto necessario a rimarcare la perpetuazione dell’operatività della cosca Crea e della sua capacità di intimidazione, nonché a scoraggiare ulteriori defezioni collaborative.