In Pietro Giamborino coesistevano due anime: una pubblica, ovvero quella «volutamente integerrima dell’uomo politico» e un’altra «intima e segreta», che trascinava le ombre di un passato fosco, affiorante nei suoi colloqui serali con suo cugino Giuseppe Salvatore Galati, ovvero “Pinu ’u Ragiuneri”, esponente apicale della società mafiosa di Piscopio. Di straordinaria efficacia narrativa, ed utilizzata nell’imponente informativa finale che il Reparto anticrimine del Ros di Catanzaro ha inviato al pool del procuratore Nicola Gratteri sulla figura del politico vibonese, l’espressione sulle «due anime» è quella che delinea meglio di ogni altra il profilo dello stesso Giamborino nel contesto dell’indagine “Scott”.

Pietro, il politico

Ex consigliere, assessore e presidente del consiglio provinciale di Vibo Valentia, ex consigliere regionale e comunale, un volto di primo piano nello scenario politico vibonese e, da qui, col tempo, in quello calabrese. Di appartenere alla ’ndrangheta lo accusano i pentiti, Andrea Mantella e Raffaele Moscato. Pesano, sulla sua figura, parentele ingombranti, iniziando da quel cugino, Giovanni Giamborino, che il reparto d’élite dell’Arma indica come il faccendiere di Luigi Mancuso, il “capo dei capi” della ’ndrangheta vibonese.

Indagato ma anche testimone

Gli uomini del colonnello D’Angelantonio e del maggiore Migliavacca, Pietro Giamborino lo indagano per mesi e offrono alla Direzione distrettuale antimafia l’articolata radiografia di un personaggio complesso, ricostruendone - attraverso non solo i pentiti, ma anche grazie alle intercettazioni sue e di altri indagati e alla loro analisi critica - la storia personale e la carriera politica.

Ma Pietro Giamborino diviene - come emerge dall’informativa sul suo profilo agli atti del procedimento “Rinascita Scott” - anche lo schermo ad alta risoluzione attraverso cui il Ros e, quindi, la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro osservano il desolante scenario politico vibonese e calabrese, animato da trame, accordi inconfessabili, nel quale l’arte del “risolvere problemi”, dispensare favori, stringere patti, sono pratiche diffuse. E l’ex consigliere regionale, di tutto questo, in parte viene rappresentato come protagonista, in parte solo come testimone.

Il capitolo sulle politiche 2018

Le 400 pagine che il Ros consegna al pool di Gratteri diventano illuminanti, oltre che devastanti. E ricostruiscono – tra le altre cose – cosa avvenne a Vibo Valentia e dintorni in occasione delle elezioni politiche del 2018. Pur parziale, la voce dell’ex consigliere regionale diviene una sorta di radiocronaca degli eventi. C’è un intero capitolo, infatti, nel quale il Ros sintetizza torbide vicende connesse alle elezioni di marzo.

«Compare, cinquantamila euro…»

È il 23 febbraio 2018, Pietro Giamborino è in auto con un amico. È un dialogo lungo e articolato. Si parla delle ambizioni di Giuseppe Mangialavori, Forza Italia, che sarà eletto senatore nel collegio plurinominale Calabria e che punta ad un exploit di consensi tale da essere designato, in caso di vittoria del centrodestra, come sottosegretario. Mangialavori, strategicamente, avrebbe appoggiato - emerge dalla captazione - la candidatura di Wanda Ferro, espressione di Fratelli Italia, poi eletta deputata nel collegio uninominale 6.

Ad un certo punto, Pietro Giamborino dice: «Lo sai che mi ha detto.. Compare Nicola… Se avevo denari che non mi servivano… Cinquantamila, su Cosenza… acchiappava cinquemila voti in più». Cosa intendeva? Chi era “compare Nicola”? E, soprattutto, cinquantamila euro - chiunque fosse “compare Nicola” e sempre che quella dell’ex consigliere regionale non fosse una boutade - in che modo avrebbero consentito di “acchiappare” cinquemila voti in più a Cosenza? Il Ros identifica “compare Nicola” in Nicola Adamo, che all’epoca era impegnato nel sostegno alla moglie Enza Bruno Bossio, Partito democratico, rieletta deputata alle politiche del 2018, nel collegio plurinominale Calabria 1.

Non sono indagati

Non ci sono riscontri sul punto. Gli investigatori dell’Arma inseriscono questo racconto in un paragrafo intitolato “Episodi di corruzione elettorale”. Sulla scorta di questa intercettazione non viene elevato dal pm alcun capo di imputazione a carico di Nicola Adamo a cui, in “Rinascita Scott”, viene contestata solo una ipotesi di traffico di influenze in concorso ed aggravata (il caso relativo al presunto impegno assunto al fine di condizionare il giudice del Tar Nicola Durante per favorire la posizione processuale dell’imprenditore siciliano Giuseppe Capizzi, sponsorizzato da Giamborino). L’onorevole Enza Bruno Bossio è estranea ad ogni contestazione di reato e non è in alcun modo coinvolta nell’inchiesta “Rinascita Scott”. Sarebbe superfluo sottolinearlo, ma per completezza d’informazione lo evidenziamo comunque, anche il senatore Mangialavori e l’onorevole Ferro sono estranei a profili di reato e non sono coinvolti nell’indagine appena chiusa dalla Dda di Catanzaro.

«Censore Bruno e Pitaro Vito»

Ma torniamo all’informativa del Ros e allo scenario che, grazie al monitoraggio di Pietro Giamborino, si profila alla vigilia delle elezioni politiche del 2018. Un paragrafo viene intitolato “La campagna elettorale di Censore Bruno: il ruolo di Pitaro Vito”. Censore è il deputato uscente del Partito democratico che, malgrado la messe di voti acquisita, candidato nel collegio uninominale di Vibo Valentia, sarà battuto da Wanda Ferro (Fratelli d’Italia) e Dalila Nesci (M5S). Vito Pitaro, invece, è un dirigente del Partito democratico, grande elettore di Censore, che alle successive amministrative stringerà un patto con il senatore Mangialavori sostenendo il centrodestra e la candidatura di Maria Limardo come sindaco di Vibo Valentia. Più avanti, siamo nel gennaio 2020, verrà ripagato dalla candidatura nella lista della governatrice della Regione Jole Santelli e con l’elezione, nei ranghi del centrodestra, in consiglio regionale.

«Con la mafia si prendono tutto»

È il 4 febbraio del 2018, intercettazione telefonica. È la prima di una lunga serie di captazioni nelle quali emerge chiaramente l’avversione di Pietro Giamborino verso il deputato uscente del Pd: «Non si vota Censore nell’opinione pubblica… Poi i voti che sono aggiustati… Ma quelli… ne hanno tutti… mi segui?». E ancora: «Nessuno ha il coraggio di caricarsi con la mafia… Quelli con la mafia si prendono tutto…».

I corteggiatori di Giamborino

L’ex consigliere regionale non è in pista direttamente, deve scegliere chi votare ed è corteggiato da mesi da diversi aspiranti parlamentari, affinché dia il suo supporto alle elezioni politiche. Il Ros aveva già registrato, infatti, colloqui con le personalità più disparate, tutte speranzose nel suo appoggio: dall’imprenditore che scalpitava per un posto in Parlamento con il Partito democratico, alla professionista dell’informazione che attendeva il via libera dal Movimento 5 Stelle. Velleità poi tramontate. Così, quel giorno, Pietro Giamborino spiega chi avrebbe votato alla Camera: il centrodestra. E dice anche perché: «Io lo voto perché è uno strumento per abbattere Censore, punto e basta».

Una cena a casa di De Nisi

Per pianificare il sostegno elettorale al centrodestra sarebbe stata in programma una cena a casa di Francesco De Nisi, ex presidente della Provincia di Vibo in quota Partito democratico, alle regionali 2020 candidato con la Casa della Libertà: non eletto malgrado una pioggia di preferenze. Avrebbero dovuto parteciparvi, tra gli altri - emerge dalle intercettazioni menzionate nell’informativa del Ros - l’ex sottosegretario Domenico Romano Carratelli, il primario ortopedico e big del Partito democratico vibonese Michele Soriano, la candidata Wanda Ferro. Giamborino, benché invitato, non è intenzionato a prendervi parte. Egli, per fedeltà al partito, al Senato sostiene che voterà il Pd, mentre alla Camera sosterrà il centrodestra ma non per far vincere i candidati di Forza Italia o Fratelli d’Italia, ma solo per far perdere Censore.

«Pitaro, frequenta e non solo…»

Passano i giorni e i termini dell’avversione nei confronti del deputato uscente del Pd si fanno via via più accesi. Ed è a questo punto che viene chiamato in causa Vito Pitaro. Il tono è sprezzante, perché Giamborino attribuisce il peso elettorale crescente  di Censore a Vibo città proprio all’attuale consigliere regionale del centrodestra. Censore - incalza - bisogna «mandarlo a casa e fargli togliere le grinfie a lui ed a questa banda di delinquenti capeggiata da Pitaro, che ha costruito su Vibo Valentia, perché non è che uno deve dire “ah… ma Pitaro non è iscritto alla ’ndrangheta”, sì… ma Pitaro frequenta e non solo frequenta». E poi: «Battendo sto Censore… Che vuoi? Non è più parlamentare, non può andare in giro a minacciare la gente… Insomma. Perché la minacciano».

«Se parlo io…»

Più avanti, un’altra intercettazione sintetizza i termini di un colloquio avuto con il parlamentare uscente dem. «A te non ti può fare arrestare che oramai te ne sei andato in pensione… Sennò ti avrebbe fatto arrestare pure a te», le parole che gli avrebbe riferito Censore. «Gli ho detto io “che ti faccio arrestare”… “A me”, gli ho detto, “non mi tocchi per due motivi”… Uno perché se parlo io, l’arrestano… a lui, da parlamentare». E poi perché «sa che io ho rapporti importanti a Roma… che a lui una notizia gliela posso fare scoppiare nelle mani». A cosa alludesse Giamborino non viene chiarito.

Più chiara, invece, un’ulteriore intercettazione, nella quale, in sostanza, traspare come per talune competizioni l’appoggio di certi “grandi elettori” sia determinante. Le critiche - sintetizza il Ros - sono rivolte prevalentemente a Vito Pitaro, «reo - è scritto nell’informativa - di frequentare soggetti “ad alto rischio”, addirittura facendosi vedere al ristorante con “personaggi di peso”». È lui il “grande elettore”.

Elezioni da “Gomorra”

Insomma, un’avversione viscerale che prova a stemperare Nicola Adamo e, nell’affannosa ricerca di una più ampia convergenza possibile sulla sua rielezione, anche Bruno Censore. Scrive il Ros: «A seguito di questa apertura di Censore, Giamborino manifesta a Nicola Adamo la sua volontà di fare un cambio di rotta e fornire un supporto allo stesso Censore. Di questa decisione – si legge ancora nell’informativa consegnata alla Dda di Catanzaro – però non si ha riscontro nelle captazioni acquisite nelle giornate successive».

Anzi, ci saranno ancora parole di fuoco, per una rivalità esacerbata da ciò che avvenne nelle primarie per la designazione del candidato sindaco di Vibo Valentia, nel 2015. Testuale: «Il prefetto è stato costretto a convocare un Comitato per l’ordine pubblico e la sicurezza... Io ho parlato, non è che non ho parlato! Gli ho detto che le primarie hanno avuto un contesto di “Gomorra” ... gli dissi, gli dissi... gli volevo dire a Pitaro e compagnia “non sei tu della mafia, ma con questi ti accompagni!”. Tra l'altro io sapevo che lui ha in itinere, ha consumato adesso, sulla città, una campagna che tutta la "mafia vibonese" vota a lui... a Censore».

Intercettazioni e frequentazioni

I giudizi sprezzanti di Pietro Giamborino verso Censore ma soprattutto verso Pitaro, sottolinea il Ros, trovano sovente d’accordo i suoi interlocutori, ma vengono espressi in termini analoghi anche - ad esempio - dal presunto factotum del superboss Luigi Mancuso e cugino dell’ex consigliere regionale indagato in “Rinascita Scott”, Giovanni Giamborino, che usa termini trancianti per rappresentarne la «spregiudicatezza» di Vito Pitaro nel mostrarsi con personaggi in odor di mafia. In cerca di riscontri sull’attuale consigliere regionale di “Santelli Presidente”, il Ros attinge peraltro su Pitaro dalla banca dati delle forze di polizia che «restituisce diversi controlli con pregiudicati della zona».

I conti della Bcc di Maierato

Le ultime parole di questa voluminosa informativa, che rappresenta una pietra miliare di “Rinascita Scott”, sono proprio dedicate all’attuale consigliere regionale e al suo ruolo nella Banca di Credito Cooperativo di Maierato. Parla Giovanni Giamborino: «Se tu pensi che a Piscopio, Vito Pitaro, ci sono cinquanta ragazzi che hanno il conto corrente, tutti con cinquemila euro di scoperto, con la carta di credito… Ragazzi che non l’hanno mai vista… Tutti lui! E, allora, per questo gli davano i voti, hai capito?».

Per completezza d’informazione: il consigliere regionale Vito Pitaro e l’ex deputato Bruno Censore sono allo stato incensurati, estranei a contestazioni di reato e non sono indagati nell’inchiesta “Rinascita Scott”.