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«L’educatore è morto perché ha parlato di questi servizi. Perché lui si è confidato con un detenuto a Opera ed ecco che è scattata la morte dell’educatore». È lui l’esecutore materiale dell’omicidio di Umberto Mormile, l’educatore del carcere di Opera assassinato dalla ‘ndrangheta. Antonino Cuzzola, oggi pentito, ha deposto ieri al processo per gli agguati ai carabinieri in corso a Reggio Calabria. E non ha mancato di fare riferimento ai contatti fra i Papalia, mandati di quel delitto, e i servizi segreti: «I permessi glieli danno i servizi non glieli danno i magistrati». Rapporti che avevano anche altri boss della ‘ndrangheta, come spiega lo stesso collaboratore: «Ma non c’era solo lui, c’erano anche altri due calabresi che facevano colloqui con questi servizi.
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Un legame che risale ai tempi dei sequestri di persona, dove accadevano fatti strani. Cuzzola lo riferisce al procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo, rivelando anche un episodio inedito: «Le dico una cosa dottore: anche la Ghidini, hanno pagato 500 milioni a Vincenzo Mazzaferro, e lei glielo chieda a Speranza quando è venuto a Roma l’ha portato dietro. Glielo chieda a lui che glieli ha dati lui a Mazzaferro per la Ghidini, quando il giorno prima erano a venti metri dalla Ghidini e l’avrebbero potuta liberare senza dargli niente».