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20091101 - ROMA - CRO : CARCERI: SUICIDIO BLEFARI, IMPICCATA IERI SERA CON LENZUOLA. Un interno del carcere di Rebibbia, a Roma, in un'immagine d'archivio. La neo brigatista Diana Blefari Melazzi, condannata all'ergastolo per l'omicidio del giuslavorista Marco Biagi, si e' impiccata ieri sera, attorno alle 22:30, utilizzando lenzuola tagliate e annodate. La donna - secondo quanto si e' appreso - era in cella da sola, detenuta nel reparto isolamento del carcere Rebibbia femminile. Ad accorgersi quasi subito dell'accaduto sono stati gli agenti di polizia penitenziaria che - si e' inoltre appreso - avrebbero sciolto con difficolta' i nodi delle lenzuola con cui la neo brigatista si e' impiccata in cella e avrebbero provato a rianimarla senza pero' riuscirvi. ANSA / ALESSANDRO DI MEO / ARCHIVIO / PAL
La Suprema Corte di Cassazione, sesta sezione, ha accolto il ricorso dell’avvocato Andrea Alvaro, difensore dell’ingegner Gaspare Castiglione, professionista rimasto coinvolto nell’operazione Cumbertazione con l’accusa di far parte di un’associazione per delinquere dedita alla commissione di reati di turbata libertà degli incanti, aggravata dall’art. 7 L. 203/91 (perchè finalizzata a favorire una consorteria mafiosa) e ha annullato senza rinvio l’ordinanza impugnata, disponendo l’immediata scarcerazione dell’imputato.
Nei confronti del tecnico polistenese era stato emesso dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria, Direzione distrettuale antimafia, un provvedimento di fermo che aveva comportato l’arresto in carcere del professionista. All’esito dell’udienza di convalida del fermo i difensori del Castiglione, avvocati Andrea Alvaro e Stefano Grio, avevano ottenuto la sostituzione della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari. Il Tribunale del Riesame di Reggio Calabria, adito successivamente dai legali, aveva rigettato il ricorso del Castiglione, ravvisando sia la gravità indiziaria in relazione ai reati contestati (associazione per delinquere e turbata libertà degli incanti, aggravati dalla finalità agevolatrice mafiosa) che l’esigenza cautelare del pericolo di reiterazione del reato.
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Avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale del Riesame ha proposto ricorso per Cassazione l’avvocato Andrea Alvaro, il quale, nel corso dell’udienza camerale davanti alla Suprema Corte, ha illustrato le censure contenute nell’impugnazione. Il giudice di legittimità, condividendo le argomentazioni difensive, ha accolto il ricorso del Castiglione, annullando senza rinvio l’ordinanza relativamente alle esigenze cautelari (disponendo, pertanto, l’immediata scarcerazione dell’imputato detenuto) e con rinvio per nuovo esame in punto di gravità indiziaria in relazione al reato associativo ed all’aggravante dell’agevolazione mafiosa.
La Suprema Corte ha, in tal modo, chiuso drasticamente ed in termini trancianti la fase cautelare sofferta dal Castiglione, consentendo tuttavia che si celebri il giudizio di rinvio solo sulla gravità indiziaria, in guisa da offrire anche all’imputato la possibilità di dimostrare che, già negli atti di indagine del procedimento, non v’erano gli elementi per sostenere tanto la responsabilità in ordine al reato associativo quanto la circostanza aggravante dell’agevolazione mafiosa, costituenti i cardini dell’imputazione elevata nei confronti del tecnico polistenese.