Tutti erano accusati a vario titolo di traffico di sostanze stupefacenti e nel contrabbando di armi da sparo. A far luce sulle dinamiche della cosca erano state le dichiarazioni di Rocco Francesco Ieranò
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I carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria, nei giorni scorsi, hanno dato esecuzione all’ordine per la carcerazione disposto dalla rocura generale della Repubblica di Reggio Calabria nei confronti di 8 persone finalizzata alla disarticolazione del locale di Cinquefrondi, cosca operante in tutta la Piana di Gioia Tauro ed attiva nel traffico di sostanze stupefacenti e nel contrabbando di armi da sparo.
Nello specifico, l’attività d’indagine, coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, aveva condotto all’esecuzione di tre provvedimenti restrittivi su ordine dell’autorità giudiziaria nei confronti complessivamente di 84 soggetti, permettendo di documentare come i vertici delle famiglie Foriglio, Petullà e Ladini fossero riuscite nel tempo, grazie alla forza di intimidazione scaturita dal vincolo associativo e dalle conseguenti condizioni di assoggettamento e omertà, ad imporre il loro volere sul territorio dei comuni di Cinquefrondi e Anoia, assicurandosi anche il controllo del fiorente settore degli appalti boschivi e di ogni attività ad esso strumentale.
A far luce sulle dinamiche della cosca erano state le dichiarazioni di Rocco Francesco Ieranò, intraneo al sodalizio poi divenuto collaboratore di giustizia, grazie alle quali aveva permesso di documentare la strategia e gli obiettivi di Giuseppe Ladini, 'ndranghetista associato alla carica del Vangelo indicato quale boss di Cinquefrondi. In pochi anni, quest’ultimo aveva scalato le gerarchie della ‘ndrangheta e, forte di un vero e proprio esercito di picciotti, aveva dato vita ad una sua ‘ndrina, destinata a guadagnarsi fama per la spudoratezza delle modalità di azione, come poi riscontrato dalle stesse indagini all’esito delle quali erano stati contestati capi d’accusa particolarmente gravi: estorsione, detenzione abusiva di armi, furto aggravato, ricettazione, favoreggiamento personale, danneggiamento seguito da incendio, violazioni delle disposizioni per il controllo delle armi, armi clandestine, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, tutti aggravati dal metodo mafioso.
La manovra investigativa aveva portato anche, al sequestro di beni mobili, immobili, attività commerciali e rapporti bancari per un valore di circa 500.000 euro. Gli arrestati, riconosciuti colpevoli a seguito di rigetto del ricorso per Cassazione, del reato di associazione di tipo mafioso o, comunque, di reati aggravati dal metodo mafioso, escluso il periodo di reclusione già scontato nel corso del giudizio, sono stati condannati a pene comprese da 1 a 6 anni.
In particolare, Raffaele Petullà, tratto in arresto in quanto ritenuto colpevole dei reati di estorsione commessa avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416bis e di furto aggravato, è stato condannato alla reclusione a 6 anni e quattro mesi, di cui dovrà scontare i rimanenti due.
Saverio Napoli, condannato a otto anni e otto mesi di reclusione perché ritenuto componente attivo del “locale” di Cinquefrondi, dovrà adesso scontare in carcere i due anni restanti. 5 anni e quattro mesi di reclusione, invece, per Michele Ierace, altro appartenente alla cosca disarticolata, essendo stato condannato in Appello a 10 anni e otto mesi.
Anche per Antonio Petullà ritenuto colpevole di appartenere all’associazione di tipo mafioso, dovrà ora scontare una pena di 6 anni e due mesi.
Quanto a Rocco Foriglio, il ricalcolo della pena effettuato dalla procura generale, ha comportato l’applicazione della reclusione per dieci mesi.
Reclusione ad anni nove e mesi uno per Nicodemo Lamari che dovrà adesso scontare i restanti 3 anni.
Pena minore, invece, per Rocco Varacalli, riconosciuto colpevole dei reati aggravati dal metodo mafioso, di detenzione di armi da guerra e spaccio di sostanze stupefacenti, dovrà adesso scontare una reclusione per i restanti undici mesi, avendo già scontato buona parte dei cinque anni di pena stabiliti dai giudici dell’Appello.
Da ultimo, per Antonella Bruzzese, un residuo di pena pari a 5 anni e sei mesi.
Oltre alle pene detentive, per i condannati è altresì stata disposta la misura di sicurezza della libertà vigilata, nonché la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per anni e la revoca delle prestazioni previdenziali; provvedimenti di condanna che, unitamente a quelli già eseguiti dai carabinieri lo scorso novembre 2021 nei confronti di ulteriori 5 condannati, hanno portato alla conclusione dell’iter giudiziario relativamente all’operazione Saggio compagno.