Ergastolo. Questa la condanna della Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro presieduto dal giudice, Antonio Giglio, nei confronti di Bruno Emanuele, 45 anni, e Vincenzo Bartone, 49 anni, di Gerocarne. Accolta così la richiesta del sostituto procuratore generale, Salvatore Di Maio, che aveva chiesto la conferma della sentenza di primo grado. I due imputati sono stati così riconosciuti colpevoli del duplice omicidio dei fratelli Giuseppe e Vincenzo Loielo (presunti boss dell’omonima cosca vibonese), fatto di sangue avvenuto nell’aprile del 2002 mentre le vittime si trovavano in auto nei pressi dell’acquedotto di Gerocarne. La Fiat Panda dei fratelli Loielo venne crivellata a colpi di mitraglietta e kalashnikov. 

 

Il percorso investigativo 

Importanti ai fini della ricostruzione e dell’attribuzione delle responsabilità del duplice omicidio dei fratelli Loielo si sono rivelati gli accertamenti sulle schede telefoniche rinvenute sul luogo dell’agguato e poi le dichiarazioni del pentito Tonino Forastefano, boss di Cassano allo Jonio, nel Cosentino, stretto alleato e sodale del boss vibonese Bruno Emanuele che con l’eliminazione dei fratelli Loielo ha assunto definitivamente il ruolo di “braccio armato” del “locale di ‘ndrangheta di Ariola”, struttura criminale al cui vertice vi sarebbe stato incontrastato il boss Antonio Altamura. Antonio, detto “Tonino” Forastefano ha confessato di aver preso parte all’agguato mortale contro i fratelli Loielo, consumato nei pressi dell’acquedotto di Gerocarne, su richiesta del suo amico e sodale Bruno Emanuele.

I tentati omicidi ai danni degli stessi fratelli Loielo portano invece le date del 25 marzo, 8 aprile e 15 aprile 2002. Bruno Emanuele era difeso dagli avvocati Giuseppe Di Renzo ed Enzo Galeota; Vincenzo Bartone Gianni Russano e Salvatore Staiano.