Ci sarebbero stati anche spacciatori non puntuali con il versamento nella “cassa” del clan dei proventi derivanti dalla vendita di sostanze stupefacenti. Altri, invece, si sarebbero “dimenticati” totalmente di versare il “dovuto” nella “bacinella comune” della cosca. Le punizioni sarebbero state in entrambi i casi esemplari con veri e propri incendi di auto e mezzi di proprietà degli spacciatori. Un compito che il clan avrebbe affidato ad Antonio Domenicano, 30 anni, di Lamezia Terme, pronto a provvedere – secondo l’accusa – alla raccolta del denaro provento dello spaccio di droga al dettaglio che veniva utilizzato per il sostentamento degli affiliati detenuti in carcere, ma anche a portare a termine danneggiamenti ed atti intimidatori propedeutici alle richieste estorsive.

 

Operando “alle dipendenze di Antonio Miceli” ovvero colui che viene indicato quale nuovo vertice del sodalizio criminale dopo l’arresto della nonna della moglie (ovvero Teresina Cerra, nonna di Teresa Torcasio sposata con Miceli), Antonio Domenicano avrebbe portato a termine attentati incendiari nei confronti degli spacciatori che, violando gli accordi intercorsi in ambito associativo, non avrebbero provveduto a versare puntualmente il denaro provento dello spaccio al dettaglio nella cassa dell’organizzazione criminale. Un modus operandi, quello del duo Domenicano-Miceli, che sarebbe stato messo in piedi per esercitare un controllo totale su una delle attività più redditizie per il sodalizio attivo a il traffico di sostanze stupefacenti in gran quantità, con la città di Lamezia Terme divisa fra diverse piazze di spaccio.

g.b.