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Si è svolta, questa mattina, presso l'aula bunker allestita nel cortile del tribunale di Reggio Emilia, la prima udienza del processo “Aemilia” nato dall'inchiesta della Dda di Bologna contro le cosche di 'ndrangheta impiantate nel territorio emiliano.
Gli imputati che saranno processati con il rito ordinario sono 147 di cui 34 sono accusati di associazione mafiosa. Presente tra gli altri anche il presidente della giunta , Stefano Bonaccini, poiché la Regione Emilia Romagna, insieme ad altri Comuni ed enti, si è costituita parte civile.
Intanto altri 72 imputati, tra cui gran parte dei soggetti che gli inquirenti ritengono promotori dell'organizzazione, sono in attesa della sentenza nel processo celebrato con il rito abbreviato: i pm della dda di Bologna avevano chiesto condanne fino a 20 anni di reclusione.
La 'Ndrangheta tentò un patto con la politica a Reggio Emilia. L'ipotesi della Dda di Bologna che ha individuato nel consigliere comunale di Fi Giuseppe Pagliani, coinvolto nell'inchiesta 'Aemilia', un referente dei calabresi, trova riscontri nelle parole di Giuseppe Giglio, imprenditore imputato e collaboratore di giustizia da poco più di un mese.
Giglio, ritenuto uno degli organizzatori dell'associazione 'ndranghetistica emiliana, in uno dei primi colloqui da pentito racconta delle riunioni del 2012, di cui fu informato da Alfonso Diletto, per i Pm uno dei capi. Diletto gli disse: "Guarda - ricosruisce Giglio, in un verbale a disposizione delle parti che l'ANSA ha potuto visionare - non è solo per l'interdittiva che ci hanno dato, ma abbiamo la possibilità perché abbiamo fatto un patto con il politico Pagliani che ci darà del lavoro. In cambio noi gli dobbiamo trovare dei voti" e finanziamenti. "Questo - spiega Giglio - era tutto, l'accordo e il patto politico, diciamo, che c'è stato".