Succede nel 2019, quando la Dda di Catanzaro indaga su Reset e Recovery, due operazioni antimafia strettamente collegate tra loro e riconducibili al clan degli italiani diretti da Francesco Patitucci. In questo caso il "diktat" mafioso arriva da Piromallo...
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La Dda di Catanzaro, traendo spunto dalle prime indagini effettuate per Reset, ha avuto la possibilità di inquadrare dal punto di vista investigativo le relazioni interne al clan degli italiani riguardo al narcotraffico. Contestazione che per la prima volta ha trovato sfogo indiziario in un'ordinanza cautelare. Questo tipo di reato infatti negli anni passati aveva toccato in particolare il clan degli "zingari" di Cosenza.
Narcotraffico su Cosenza e San Lucido
Il 16 luglio 2019, si legge nelle carte dell'inchiesta Recovery, ha avuto luogo un incontro di fondamentale importanza tra alcuni vertici degli "Italiani" nel panorama criminale della provincia di Cosenza. Adolfo D'Ambrosio, Salvatore Ariello (detto "Sasà") e Mario Piromallo (detto "Renato") si erano riuniti, discutendo di vari temi legati al traffico di stupefacenti.
Durante la conversazione, emersa dalle indagini di Recovery, sono apparsi (a dire della Dda) «chiari indizi che delineano l'associazione criminale». Questa organizzazione, attraverso contatti e rapporti di scambio con altri gruppi nella provincia di Cosenza, si sarebbe occupata dell'approvvigionamento di droga. In particolare, l'incontro avrebbe rivelato i legami con i fratelli Pietro e Giuseppe Calabria (detti "Pino"), capi del consorzio criminale operante nel litorale tirrenico cosentino, tra Paola e San Lucido.
Scarsa qualità della droga
Nonostante i rapporti consolidati, l'organizzazione avrebbe dovuto affrontare problemi legati alla qualità della droga. Un parente dei fratelli Calabria di San Lucido avrebbe riscontrato problemi con una partita di droga scadente, creando tensioni che il gruppo degli italiani di Cosenza ha dovuto risolvere per evitare frizioni interne.
Mario Piromallo, esponente di vertice della cosca degli italiani, ha parlato di un episodio significativo legato al suo arresto per tentata estorsione al cantiere di piazza Bilotti a Cosenza. In carcere, Francesco Patitucci (boss della presunta confederazione mafiosa cosentina) gli avrebbe chiesto di aiutare i fratelli Calabria, essendo gli esponenti apicali del gruppo detenuti, con solo un cognato incapace a gestire le operazioni criminali all'esterno. Patitucci avrebbe sollecitato Piromallo a fornire supporto, indicando l'importanza di mantenere buoni rapporti con i Calabria per il bene del clan. In tal senso, la Dda di Catanzaro ritiene che i Calabria di San Lucido siano pienamente integrati nel più noto sodalizio "Lanzino-Patitucci".
Scambio e restituzione delle somme
Piromallo ha raccontato che Andrea Tundis, cognato dei fratelli Calabria, si sarebbe lamentato di aver ricevuto una partita di droga scadente, nonostante il pagamento di diecimila euro. Il soggetto tirrenico avrebbe espresso il suo disappunto, affermando che la qualità della droga fornita era così bassa da risultare inutilizzabile. Piromallo, per evitare di creare tensioni, avrebbe quindi affrontato la questione, confrontandosi con un ragazzo legato a Mario Gatto. Il giovane, che poi ha lasciato la Calabria, avrebbe ricevuto indicazioni di restituire i diecimila euro e ritirare la droga scadente.
Le relazioni interne del clan degli italiani
Sempre Mario "Renato" Piromallo, nella conversazione intercettata dalla Squadra Mobile di Cosenza, avrebbe illustrato le difficoltà nel mantenere l'affidabilità e la coesione all'interno dell'organizzazione. Nel corso della "chiacchierata" avrebbe anche prospettato a D'Ambrosio la possibilità di prendersi cura di un carcerato, sottolineando la necessità di supporto reciproco all'interno del gruppo.