Per Roberto Porcaro, le accuse di narcotraffico mosse contro di lui nell’ambito dell’inchiesta “Recovery”, «sono solo chiacchiere da bar». La sua perentoria autodifesa è andata in scena oggi, in occasione del suo interrogatorio di garanzia. Assistito dall’avvocato Mario Scarpelli, uno degli ancora presunti viceré della ‘ndrangheta di Cosenza si è presentato all’appuntamento col gip, conseguenza della nuova ordinanza di custodia cautelare che, due giorni fa, gli è stata notificata dietro le sbarre. Per la cronaca, Porcaro si è avvalso della facoltà di non rispondere, ma in realtà si è poi prodotto, per una decina di minuti, in dichiarazioni spontanee con cui si è professato innocente su tutta la linea.

Leggi anche

«Estraneo ai fatti» è l’espressione quasi letterale che, a quanto pare, ha inteso utilizzare. Di diverso avviso, va da sé, è la Dda di Catanzaro che, nel contesto dello spaccio di stupefacenti avviato a Cosenza e in tutto l’hinterland dai clan “italiani”, gli riserva un posto d’onore. Porcaro, infatti, è considerato «capo promotore» dell’associazione a delinquere, la stessa accusa mossa a Mario Piromallo detto Renato, altro pezzo grosso della presunta confederazione di ‘ndrangheta cosentina sotto processo a “Reset”.

Leggi anche

Anche lui, difeso dall’avvocato Luca Acciardi, con riferimento alle vicende di “Recovery” ha optato per la linea oltranzista. «Non mi sono mai occupato di droga» ha spiegato al giudice, affidandosi come Porcaro a dichiarazioni spontanee. Il gip gli ha chiesto come mai, allora, tutti i collaboratori di giustizia interpellati raccontino una realtà molto differente, ma la risposta è stata: «Per sapere di cosa sono stato accusato in passato, basta scrivere il mio nome in internet». Come a dire: l’hanno appreso da Google.

Che sia stato il giorno dei boss, lo conferma l’ultimo interrogatorio “eccellente” del giorno: quello di Francesco Patitucci, difeso dagli avvocati Giuseppe Manna e Laura Gaetano. «Non esiste alcuna confederazione» ha ribadito l’uomo che la Dda pone al vertice della piramide criminale cosentina, lanciandosi in un’autodifesa che, in gran parte, ha ricalcato quella da lui già proposta a “Reset”. 

L’ultima annotazione è per Immacolata Erra. La donna, già arrestata nell’ambito dell’inchiesta su droga e telefonini introdotti nel carcere di Catanzaro, aveva ottenuto in quel caso i domiciliari per motivi di salute. Due giorni fa era finita nuovamente dietro le sbarre, ma a seguito dell’istanza presentata dal suo difensore Mario Scarpelli, sempre in tema di incompatibilità con il regime carcerario, è tornata dov’era: seguirà anche l’evoluzione di questa vicenda che la riguarda, da reclusa tra le mura domestiche.