Il deputato del Pd interviene sulla concessione dei domiciliari al boss di Cetraro: «Inaccettabile. In questa regione bisogna decidere da che parte stare»
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«Strana terra la nostra. Proprio di frontiera. E “Frontiera” era stato chiamato dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro l’operazione di polizia giudiziaria e poi il processo contro la cosca Muto di Cetraro. Qualcuno ricorda l’esito di quel processo? Francesco Muto, considerato capo della cosca e per il quale la Procura aveva chiesto una condanna a venti anni, fu assolto per il reato di associazione mafiosa e condannato a sette anni e dieci mesi per intestazione fittizia di beni. Per i giudici la cosca Muto esiste, opera, è attiva nel tirreno cosentino, e tuttavia non Francesco è il capo cosca, ma suo figlio Luigi, condannato a quindici anni». Così un comunicato del deputato del Partito democratico Antonio Viscomi.
«Ora, a quanto pare per ragioni di salute, - prosegue il parlamentare - sconterà gli anni di condanna ai domiciliari: dal carcere duro a casa sua. Eppure stiamo parlando di ndrangheta, di cosche, di locale, di famiglie. E per contrastarle dobbiamo essere in grado di comprendere la loro logica di organizzazione e di azione».
Alla luce di questo Viscomi evidenzia come sia «importante studiare, e non solo citare forse senza neppure averli letti, i libri di Nicola Gratteri e di Antonio Nicaso e, per chi può, leggere gli atti di tanti processi portati a compimento dal procuratore di Catanzaro. Per questo, escludere prima che il padre sia colpevole di partecipazione all’associazione mafiosa di cui è capo il figlio e concedergli subito dopo gli arresti domiciliari, possibili proprio per il venir meno del regime carcerario previsto per i condannati di mafia, ha un tremendo valore simbolico. Qualcuno infatti potrà dire: sono tornato a casa, sono più forte io dello Stato. E lo dirà. E questo non è accettabile. Perciò in questa regione bisogna decidere da che parte stare. E bisogna deciderlo ora», ha concluso il deputato.
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