Per il presidente del parco nazionale dell’Aspromonte, Giuseppe Bombino, non è per niente facile parlare delle numerose intimidazioni mafiose subite. Proiettili, lettere con minacce, polvere esplosiva, pallettoni fatti trovare all’interno della propria auto, persino una testa di capretto recapitata all’indomani della costituzione di parte civile del parco in due processi della Dda dello Stretto. Vive sotto scorta da anni e recentemente gli sono state potenziate le forme di tutela nei suoi confronti.  Il suo nome poi, è balzato nuovamente all’attenzione dell’opinione pubblica, a seguito del deposito (così come pubblicato nei giorni scorsi dal sito online Il Dispaccio) delle sue dichiarazioni nell’ambito del processo “Gotha”. Tra gli imputati c’è l’avvocato Paolo Romeo accusato, insieme all’ex senatore Antonio Caridi, all’avvocato Giorgio De Stefano, all’ex sottosegretario Alberto Sarra,  di essere a capo della cupola masso-mafiosa. Romeo, nel 2016,  lo avrebbe avvicinato e Bombino ha denunciato spontaneamente l’episodio ai carabinieri reggini.

Il dire e non dire dell’avvocato Romeo

Nel marzo 2016 il presidente del parco Bombino partecipa ad una riunione, presso la sede del Galbatir - un’agenzia per lo sviluppo locale - dove oltre ad esserci vari esponenti politici c’è anche appunto l’avvocato Romeo che, come detto agli inquirenti, avrebbe incontrato per la prima volta. In quel periodo è “in ballo” il cosiddetto "Piano strategico Reggio Nord 2020"; la costituzione della città metropolitana di Reggio Calabria è alle porte e nel contempo si avviano progetti e protocolli di intesa, per la valorizzazione dei vari territori come quello delle “Vallate del Gallico e del Catona”. «Non so se sono condotte penalmente rilevanti, questo lo stabilirà la magistratura, tuttavia l’avvocato Romeo in quell’occasione- ci dice Bombino- ha inteso attuare nei miei confronti qualcosa di quasi “impercettibile”  ma, che crea un profondo disagio. La strategia che  ho intravisto e che mi aveva fatto nascere un sospetto era un volersi “appropriare” del processo di metropolizzazione, nel quale il parco era pienamente coinvolto, e in relazione al quale sono stato incoraggiato (dal Romeo ndr) delle azioni di carattere politico, come eventuali candidature, con la promessa che avrei trovato un appoggio determinante».

La scelta di andare dagli investigatori

Paolo Romeo viene fermato dalla Dda reggina nel maggio del 2016 nell’ambito dell’inchiesta “Fata morgana”, inchiesta che confluirà poi, nel maxiprocesso “Gotha”. Bombino inizia a confrontarsi con gli inquirenti per una serie di vicende e tra queste appunto quella riguardante, presumibilmente, l’avvocato Romeo. Nel corso dei mesi a seguire dall’arresto di Romeo, il presidente del parco deciderà di recarsi spontaneamente dai Carabinieri. Ecco il perché di questa scelta: «In seguito a quella riunione ho avvertito il sentimento di violazione e di violenza nei confronti degli spazi dello Stato- ha affermato il presidente del parco - violenza  nei confronti del significato dell’Istituzione e io in quel momento rappresentavo un’istituzione dello Stato e quindi non ho difeso né una mia impresa né una mio interesse personale ho inteso invece, compiere quel percorso proprio per difendere l’idea di Stato».

Il silenzio della società civile

Negli ultimi anni il presidente del parco nazionale dell’Aspromonte, come abbiamo ricordato, ha ricevuto numerose minacce in pieno stile mafioso. Alcune di esse non sono state neanche rese note- nonostante la gravità, per ragioni di sicurezza, e per scelta sia dello stesso Bombino che degli inquirenti. Se si fa un “giro” sul web, in concomitanza con la diffusione delle varie notizie sulle minacce rivoltegli si percepisce la scarsa presa di posizione della politica e dall’altro la totale assenza cosiddette associazioni antimafia e della società civile. «Io non mi sento solo- ha chiosato Bombino- perché ho con me le Istituzioni che non mi hanno mai fatto mancare il loro appoggio. Tuttavia, non posso non rilevare come sia stata scarsa la presenza della cosiddetta società civile. Non c’è stata una solidarietà espressa e manifestata come in altri casi. Nel mio caso non ho sentito il senso “del raccogliersi” intorno ad una persona comunque divenuta vulnerabile. Mi sono anche chiesto- ha concluso il presidente del parco- perché non ci sia stata questa presa di posizione però, non mi scoraggio».

 

(continua)