Quindici milioni di euro sequestrati e un collegamento con i clan di ‘ndrangheta Mancuso di Limbadi e Pesce di Rosarno. È scattata questa mattina un’operazione condotta dalla guardia di finanza e coordinata dalla procura antimafia di Milano. Un’inchiesta che ha portato all’arresto di 9 persone, tra promotori e partecipi al sodalizio criminale, fra cui i rappresentanti legali e di fatto di molte delle aziende coinvolte e due professionisti. Per 6 di loro è stata disposta la custodia cautelare in carcere e per 3 quella gli arresti domiciliari.

Nella stessa ordinanza, il gip distrettuale milanese ha disposto il sequestro preventivo dei presunti proventi illeciti per 15,7 milioni di euro, frutto dell’evasione posta in essere attraverso l’emissione di fatture false per oltre 43 milioni di euro dalle società coinvolte negli accertamenti dei finanzieri. Il sequestro ha riguardato conti correnti bancari, denaro contante, attività finanziarie, beni mobili e immobili

L’operazione delle Fiamme gialle è volta a contrastare la perdurante infiltrazione della criminalità organizzata nell’economia legale della Regione e, in particolare, nella provincia di Milano. Ciò attraverso una serie di società gravitanti anche intorno agli interessi economici di uno dei principali indagati, un pregiudicato italiano di origini calabresi, risultato vicino, come detto, alle cosche di 'ndrangheta dei Mancuso di Limbadi e dei Pesce di Rosarno.

Il pregiudicato era già stato arrestato a fine 2019 insieme ad altre 8 persone in una precedente operazione, diretta sempre dalla Dda di Milano, in quanto a capo di un gruppo criminale che aveva investito i proventi derivanti dal traffico di sostanze stupefacenti in una catena di ristoranti-pizzerie nel milanese, di cui egli era socio occulto per eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali.

Nello specifico, la prima fase delle investigazioni avrebbe consentito di delineare la struttura e i partecipanti al sodalizio criminale dedito alla commissione di plurimi reati tributari, con a capo un imprenditore operante nel nord milanese, coadiuvato da alcuni familiari, in stretto contatto con un professionista attinto da plurimi precedenti di polizia e già emerso in altra indagine del Nucleo Pef della Guardia di Finanza di Pavia quale promotore di una similare associazione per delinquere finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di reati fiscali.

Durante le successive indagini delegate alla Guardia di Finanza sarebbero state quindi individuate numerose società, riconducibili agli indagati, generalmente fornitrici di servizi/manodopera, costituite e gestite da meri prestanome privi di capacità imprenditoriali, senza una struttura organizzativa, mezzi propri e uffici, che concentravano la propria operatività in pochi anni attraverso l’emissione e l’utilizzo reciproco di fatture per operazioni in parte/del tutto inesistenti per poi essere cessate o messe in liquidazione prima che gli uffici finanziari potessero avviare eventuali controlli fiscali e/o sul lavoro. Le fatture emesse riguardavano anche l’utilizzo di strumentazioni e, talvolta, il noleggio di macchinari senza averne l’effettiva disponibilità come per le attrezzature necessarie per l’espletamento dell’attività e l’organizzazione del personale che erano in capo alle società committenti operanti in diverse province lombarde in parte beneficiarie delle false fatturazioni.

Gli accertamenti, sviluppatisi anche attraverso l’approfondimento di numerose segnalazioni di operazioni sospette sui soggetti indagati nonché con l’esecuzione di approfondite indagini finanziarie, avrebbero portato alla segnalazione all’autorità giudiziaria inquirente di 15 persone, a vario titolo, per associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari con connessi profili di autoriciclaggio, e a proporre il sequestro preventivo del profitto dei reati corrispondente alle imposte evase dalle aziende coinvolte.