Le bruciature e i traumi ossei subiti dalle persone in viaggio sembrano confermare questa tesi. Lo Jonio torna a rigurgitare disperazione e dolore sulle coste calabresi. Per una donna non c'è stato nulla da fare
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Le gambe gonfie, le braccia tumefatte, i volti carichi di paura. Sono arrivati poco dopo le 10.30 al porto delle Grazie i 12 sopravvissuti dell’ennesima tragedia del Mediterraneo. Nel gruppo, anche il corpo di una donna sbarcata sulle banchine già cadavere. Una motovedetta partita in nottata da Roccella li ha recuperati a circa 120 miglia dalla costa, quasi al confine con l’area Sar di competenza delle Grecia. Erano stipati sull’ennesimo barchino in viaggio sulla “rotta turca” quando, durante la navigazione, in piena notte, l’imbarcazione si sarebbe piegata su un fianco per poi ribaltarsi. Dalle prime testimonianze sarebbero almeno 50 i dispersi in mare. Alle loro ricerche stanno partecipando diversi mezzi aerei e navali.
Per mesi quasi “sospesa”, la rotta che tiene legata da più di venti anni le coste calabresi a quelle turche, si è rianimata nelle scorse settimane, con i flussi migranti in arrivo dal Medio Oriente che hanno ripreso con continuità a sbarcare sulle banchine di Roccella e Crotone. Anche il barcone, un veliero monoalbero, andato perduto nelle prime ore di lunedì seguiva quella rotta. Ancora da chiarire le dinamiche dell’ennesima tragedia della migrazione.
Dalle prime ricostruzioni l’allarme sarebbe stato lanciato nella notte tra domenica e lunedì da una barca francese che, nell’immediatezza del naufragio, ha recuperato 12 sopravvissuti al naufragio che sono stati prima trasportati su uno dei due mercantili inviati sul posto dal Centro coordinamento soccorso marittimo e successivamente trasbordati sulla motovedetta della Capitaneria partita da Roccella. Per uno dei migranti, una donna, non c’è stato nulla da fare. Il suo cuore ha smesso di battere durante il viaggio verso Roccella.
Secondo il racconto dei superstiti ci sarebbe stata un’esplosione sul veliero in rotta verso la Calabria che avrebbe causato l’affondamento del natante. E i segni sul corpo riportati da tutti i migranti soccorsi direttamente sulla banchina del porto Roccella lo testimoniano: ferite da trauma esplosivo, fratture a braccia e gambe, possibili traumi interni. Tra i migranti, la prima a ricevere le cure mediche è stata una bambina di origine siriana di appena dieci anni che ha raccontato di essere salita sulla barca assieme alla madre ma di averla persa durante le fasi più drammatiche del naufragio. La donna risulta attualmente dispersa.
Dalle prime testimonianze raccolte dai soccorritori, sarebbero almeno una cinquantina i dispersi che erano stipati a bordo del piccolo veliero e che ancora mancano all’appello. Quella per trovarli è una lotta contro il tempo.
Quattro le ambulanze presenti sulla banchina nord del porto di Roccella che hanno fatto la spola con gli ospedali della zona mentre sotto il tendone allestito dalla Croce rossa, medici e personale delle associazioni di volontariato si occupano dei sopravvissuti non in gravi condizioni.
Una macchina collaudata quella di Roccella che non ha però potuto fare niente altro che constatare la morte dell’ennesima persona partita verso il sogno dell’Europa e inghiottita dal Mediterraneo.