«Nel 2015 Matteo Messina Denaro e altri capi di Cosa Nostra avevano stretto un patto con i boss della ‘ndrangheta per lavorare insieme e diventare un’unica famiglia in Piemonte». Il passaggio è contenuto nelle motivazioni della sentenza relativa al processo “Carminius” contro il clan Arone-De Fina di Carmagnola, famiglie originarie di Sant’Onofrio e legate ai Bonavota, da tempo trapiantate in Piemonte.

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L'alleanza Cosa nostra-'Ndrangheta

Le dichiarazioni in ordine ad un’alleanza nel 2015 tra Cosa Nostra e ‘ndrangheta in Piemonte, così come voluta dal boss Matteo Messina Denaro, sono di Ignazio Zito, collaboratore di giustizia che ha fatto parte di Cosa Nostra, e le cui dichiarazioni sono confluite nell’operazione Carminius scattata ad opera della Dda di Torino nel marzo 2019 contro la ‘ndrangheta di Carmagnola, guidata dalla famiglia Arone, ritenuta una proiezione criminale del clan vibonese dei Bonavota.

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Un'unica famiglia di mafia

I giudici del Tribunale di Asti nelle motivazioni della sentenza pronunciata lo scorso giugno (sedici condanne e undici assoluzioni) spiegano che proprio a Carmagnola e nelle zone limitrofe, l’accordo sarebbe divenuto operativo: gli uomini di Cosa Nostra e della ‘ndrangheta avrebbero lavorato insieme ad iniziare dal 2015. L’idea di Matteo Messina Denaro sarebbe stata quindi quella di costruire “un’unica famiglia” di mafia, con affiliati e componenti provenienti indistintamente tra entrambe le organizzazioni criminali: Cosa Nostra e ‘Ndrangheta. Da qui il patto con i capibastone della ‘ndrangheta calabrese che da sempre esercitano il proprio potere in Piemonte. Proprio tale alleanza avrebbe consentito a Matteo Messina Denaro, ad avviso dei collaboratori di giustizia, di tentare di gestire alcuni affari con la ‘ndrangheta pure in Calabria.

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