È assodato il ritardo del sistema nel fronteggiare la seconda ondata, e, però, a volte, la fretta infila l’Asp di Reggio Calabria nel tunnel delle «irregolarità» conclamate. Quelle che la stessa azienda, oggi gestita da una commissione straordinaria – dopo lo scioglimento per mafia degli organismi ordinari – è stata costretta ad ammettere tirando le orecchie, ma non più di tanto, alla commissione di valutazione dei curriculum presentati per le assunzioni da fare.
Il 13 novembre questo organismo, composto da 4 medici, si riunisce e stila un verbale in cui compaiono le firme dei commissari: tutti tranne uno, perché accanto al nome di Domenico Calabrò vi è solo un segno scritto a penna, e sul suo conto i colleghi scrivono «si dà atto che ha seguito la riunione in videoconferenza».

 

Il primario di Pneumologia dell’ospedale di Locri, in effetti, però, non ha partecipato alla valutazione dei curriculum arrivati. Lui, i medici infermieri e Oss quel giorno considerati idonei dalla commissione - 52 in tutto – non sa neanche chi siano, perché lui quel 13 novembre non c’era, neanche in call conference su internet.
Lo dice lui stesso in una lettera inviata anche alla terna commissariale 2 giorni dopo, in cui gli preme ricordare che lui l’aveva detto in anticipo, il giorno prima della riunione, che «non potevo esserci in quanto fuori sede per motivi di famiglia».


Il commissario, dato presente benchè assente, non ha denunciato formalmente ciò che l’Asp, nella successiva delibera, definisce «non regolare», – ha parlato genericamente di «qualcosa di spiacevole in quello che è accaduto» – ma è stato fermo nel chiedere il ritiro della delibera firmata dalla terna commissariale che, senza colpo ferire né prima né dopo, ha dato per buono quello che gli ha comunicato la commissione nel verbale.

 

Due giorni dopo la lettera di Calabrò, l’Asp fa ritirare la delibera e ingiunge alla commissione di rifare la selezione. Quest’ultima cosa ha fatto perdere tempo e ha generato qualche interrogativo, perché la revoca avviene 3 giorni dopo l’arrivo nell’ospedale covid di Gioia Tauro del primo paziente, e ora ci si chiede se fosse già al lavoro il nuovo personale assunto, oppure se esso abbia lavorato senza averne i titoli, almeno formalmente.

 

Un pasticcio dovuto alla fretta di recuperare il tempo perduto, certamente, ma anche un modus operandi senza sanzioni per nessuno, a quanto pare.
Anzi no, qualcuno che c’ha rimesso il posto c’è ed è proprio lui, il primario Calabrò. Si è dimesso scrivendo una lettera lunga due righe, e l’ha fatto prima che l’Asp revocasse l’atto irregolare.
L’Asp si è limitata a prendere atto delle dimissioni, una sorta di cicuta socratica da bere, e prontamente – per accelerare la riconvocazione della commissione – e rifare la procedura per le nuove assunzioni - ha sostituito il medico che ha fatto scoppiare il caso, con il collega Luigi Giugno.