«L’organizzazione delle obbedienze massoniche si presenta al proprio interno sostanzialmente segreta, senza che tale caratteristica possa essere attribuita esclusivamente a “logge deviate”; per converso, all’esterno esse si appalesano in modo ufficiale o regolare (pur non esistendo alcun parametro legale per definirsi tali), promuovendo, anche attraverso forme associative collaterali, l’instaurarsi di reti di relazioni ad alti livelli sociali». Si esprime così la commissione parlamentare antimafia in tema di rapporti fra massoneria e mafie, nella relazione che conclude il lavoro di questa legislatura. Dal 1990 al 2016, tra gli affiliati alle logge massoniche di Sicilia e Calabria ci sono stati ben 193 soggetti con precedenti penali per fatti di mafia. In sei hanno riportato condanne definitive per 416 bis, mentre otto sono stati condannati a vario titolo per traffico di stupefacenti, ricettazione, falso, bancarotta fraudolenta o sono stati destinatari di misure di prevenzione.

Professionisti e massoni

Ci sono delle strutture che sono segrete e non riguardano esclusivamente le cosiddette “logge deviate”. Per i commissari, anche quella che viene definita come massoneria “regolare” possiede un carattere di segretezza, nonché reti di relazioni molto alte, grazie ad associazioni che, di fatto, svolgono la funzione di permettere alla massoneria di agganciare le personalità più in vista e influenti. «Tali relazioni sociali - si legge nella bozza della relazione – sono frutto della presenza prevalente nelle logge di soggetti dotati di profili professionali elevati (anche solo in relazione al contesto in cui operano), derivanti dalle funzioni esercitate (dipendenti pubblici) e dalle professioni svolte (medici, avvocati, ingegneri, ecc.)». Ecco che allora tali categorie professionali «rappresentano un fattore di attrattività per le organizzazioni criminali che in esse vogliano entrare per stabilire proficui rapporti, che sono agevolati dalla loro segretezza, dalla gerarchia interna e dal rifiuto di ogni ingerenzadell'autorità pubblica negli affari domestici. Questi caratteri, complessivamente considerati, richiamano peraltro quelli propri delle organizzazioni criminali mafiose, fermo restando la diversità dei fini, leciti e nobili in un caso, illeciti e ignobili nell'altro».

Il rischio di infiltrazione

Ma è del tutto evidente, a questo punto, come quei fini positivi che governano in astratto la massoneria, sono vulnerabili rispetto a possibili infiltrazioni da parte delle organizzazioni criminali. Una permeabilità che viene definita come «fattore di debolezza avvertito dagli stessi massoni più avveduti». «Del resto – si legge nella relazione – il problema del consenso, che è il vero cuore della lotta alle mafie, esiste in tutte le organizzazioni sociali, e la “politicità” delle organizzazioni criminali, attraverso le relazioni e il consenso che esse sono in grado di generare, si manifesta, inevitabilmente, anche, all’interno delle associazioni a carattere massonico. Il segreto dell’organizzazione lo rende quasi invisibile all’esterno, ma è sembrato che la percezione all’interno del problema sia ben esistente, sebbene sia preferibile non farla trapelare».

Massoni nella gestione pubblica

Il problema, però, a giudizio della commissione parlamentare antimafia, si pone non tanto in una prospettiva interna dell’associazione massonica «che si presume lecita fino a prova contraria», quanto in quei «fattori di rischio per la collettività derivanti dall’accertata presenza di soggetti massoni che esercitano funzioni pubbliche, perché ricoprono cariche pubbliche, incarichi pubblici o perché concorrono alla gestione delle risorse pubbliche». Poi un passaggio molto interessante: «Anche inconsapevolmente, essi rischiano di essere veicolo di tentativi di infiltrazione criminale, agevolate dalle ricordate caratteristiche di segretezza, gerarchia, esclusività, perpetuità del vincolo massonico».

Le richieste della magistratura e la riforma

La commissione, dunque, informa del fatto che la magistratura ha fatto richiesta degli elenchi degli iscritti, così come ottenuti dalla stessa commissione, che saranno girati alle Procure interessate. Poi un appunto sull’attuale legge che concerne le associazioni segrete. La commissione ritiene infatti che la normativa di attuazione dell’articolo 18 della Costituzione, in ordine al divieto di associazioni segrete, da parte della legge 17/82, sia «inadeguata e da superare, e che non sia opponibile il diritto alla privacy anche alla richiesta della commissione parlamentare d’inchiesta». Da qui la richiesta di rivedere la normativa in materia.

 

Consolato Minniti