Maysoon Majidi è stata assolta con formula piena dal tribunale di Crotone.

Dopo due rinvii, oggi la ripresa e la conclusione del processo in cui la giovane attivista curdo-iraniana è stata imputata con l’accusa di essere una scafista e difesa dall’avvocato Giancarlo Liberati.

Una sentenza che rimarca quella emessa nei giorni scorsi al termine del primo processo in Italia celebrato al tribunale di Locri dopo l’entrata in vigore di norme più severe e pene più severe per contrastare l'immigrazione clandestina disposte dal cosiddetto Decreto Cutro. Dei sette imputati, solo due sono stati condannati a 5 anni e 8 mesi. Gli altri 5, per i quali la pubblica accusa aveva chiesto pene di 20 anni di reclusione, sono stati assolti perché il fatto non sussiste.

L'udienza odierna avrebbe dovuto essere scandita dall'esame dell'imputata che invece ha voluto rilasciare dichiarazioni spontanee. La produzione documentale per la chiusura dell’istruttoria dibattimentale ha preceduto già oggi la discussione e la pronuncia della sentenza di assoluzione anticipando di settimane la fine del processo in corso dallo scorso anno.

La giovane curdo-iraniana, proclamatasi sempre innocente, fuggita perché il suo attivismo politico in difesa dei diritti del popolo curdo e delle donne l’aveva esposta a pericoli e ritorsioni nel Kurdistan iracheno dove si trovava con il fratello Razhan, è sbarcata a Crotone il 31 dicembre 2023. Subito arrestata con l’accusa di aver collaborato alla traversata illegale dei migranti giunti con lei, è stata detenuta per quasi dieci mesi nel carcere di Castrovillari e poi in quello di Reggio, periodo durante il quale era andata incontro anche a un forte deperimento fisico. Lo scorso 22 ottobre il tribunale di Crotone aveva revocato la misura cautelare della detenzione in carcere, rilasciando la giovane.

Determinanti per incidere sulla condizione di detenzione, e non solo, i testimoni della difesa, il capitano barca, detenuto a Crotone e presente in aula, il cittadino turco Akturk Ufuk, il fratello della giovane attivista Razhan Majidi e altri tre migranti che hanno viaggiato con lei. Avevano testimoniato come Maysoon non avesse svolto durante la traversata alcuna mansione da scafista. La giovane aveva, nelle precedenti udienze, reso dichiarazioni spontanee nelle quali aveva chiesto prioprio la modifica della misura cautelare per passare dalla detenzione in carcere agli arresti domiciliari.

Maysoon, intanto raggiunta dal fratello Razhan, con lui sta chiedendo asilo politico. Dopo un breve soggiorno a Riace, da inizio anno sono stati accolti insieme a Sant’Alessio in Aspromonte.

Le dichiarazioni dell’avvocato

«Non è mai scontata una sentenza ma c'erano tutti i presupposti perché fosse di assoluzione piena e così è stato. Il Pubblico ministero, che con le attenuanti aveva chiesto per Maysoon una pena di due anni e 4 mesi di reclusione, ha perorato anche oggi per oltre un'ora la sua causa. Ha presentato anche una memoria corposa, per sostenere quanto, a mio avviso, era insostenibile. Nella mia arringa difensiva ho poi fatto rilevare tutte le incongruenze dell'impianto accusatorio, già emerse in occasione dell'escussione dei testimoni a favore di Maysoon dello scorso 22 ottobre, data del suo rilascio. Maysoon era presente. Con la sua serietà e la sua volontà di porre fine a questa bruttissima pagina della sua vita», queste le parole dell'avvocato Giancarlo Liberati al termine dell'udienza.