L'organizzazione aveva base a Messina. Ad usufruirne cittadini marocchini, algerini e tunisini che così potevano avere i documenti necessari per rimanere in Italia o aggirare i decreti di espulsione già emanati
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Finti matrimoni per ottenere la carta di soggiorno o eludere i decreti di espulsione. Due organizzazioni criminali attive tra il Marocco e l'Italia e dedite al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina sono state smantellate dalla Guardia di finanza. Gli uomini del Comando provinciale di Messina hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 16 persone (5 in carcere e 11 agli arresti domiciliari) tra Messina, Catania, Bergamo, Torino e Francoforte sul Meno. Si tratta dei promotori e dei membri di due gruppi criminali, con base a Messina, dediti al favoreggiamento dell’ingresso e della permanenza clandestina di extracomunitari irregolari in Italia.
Le indagini, condotte dagli specialisti del Gruppo investigazione criminalità organizzata del Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Messina, sotto la direzione della Procura distrettuale antimafia peloritana, hanno permesso di far luce su"uno strutturato sistema illecito finalizzato all’organizzazione di matrimoni finti tra cittadini italiani e stranieri (marocchini, algerini e tunisini) per ottenere la carta di soggiorno per motivi di famiglia, essenziale per l’ingresso e la permanenza in Italia, o per 'sanare' la posizione di quelli destinatari di decreti di espulsione, già emanati dalla Prefettura e resi esecutivi dalla Questura.
Giro d'affari di oltre 160mila euro
Il giro d'affari era di oltre 160mila euro. «Tutto aveva uno specifico costo standardizzato, secondo un tariffario prestabilito», spiegano gli investigatori delle Fiamme gialle, coordinati dalla Procura Distrettuale Antimafia peloritana. Ogni matrimonio finto costava 10mila euro versati dallo straniero all'organizzazione in contanti o attraverso servizi di Money Transfer, materialmente eseguiti da persone apparentemente non coinvolte nella vicenda ma vicini ai membri del gruppo criminale. Al finto sposo, invece, andavano 2-3mila euro, somme inferiori per intermediari, testimoni di nozze ed interprete.
Le spose italiane erano le «pecore»
Le donne italiane da reclutare per i finti matrimoni erano le "pecore". «C’è un signore che mi ha chiesto se c’è qualche pecora…un signore qui a Messina, c’è un suo amico che vuole venire…», diceva uno degli indagati non sapendo di essere intercettato. E per convincere le più titubanti occorreva puntare sulle loro difficoltà economiche perché «il lupo quando ha fame esce dalla tana…».
Nulla era lasciato al caso: stessi testimoni di nozze e reiterate parentele tra testimoni e sposi. «Una spirale infinita dell'illecito, sicuramente in essere dal 2016 e tuttora attivo», dicono gli investigatori.
L'organizzazione dei matrimoni
A fare scattare le indagini sono state proprie le anomale ricorrenze di numerosi matrimoni misti. A capo delle due organizzazioni c'erano due cittadini marocchini: E.A.A. detto Samir, 36 anni, e C.A., 51 anni. Erano loro che si occupavano di organizzare i viaggi in Marocco dei finti sposi e di assisterli durante il disbrigo di tutte le pratiche burocratiche: dalle pubblicazioni al rito nuziale, sino alla fase finale quando, ottenuto il permesso di soggiorno, si procedeva alla separazione e al divorzio. I due wedding planner internazionali, tuttavia, non agivano da soli, potendo contare su una strutturata organizzazione, articolata su più livelli, con ruoli interscambiabili in funzione delle necessità. Un primo livello era costituito da fidati collaboratori, tutti marocchini, incaricati di reclutare i falsi sposi e di curare l’adempimento delle procedure burocratiche relative alla preparazione del matrimonio e alle successive fasi necessarie per ottenere la documentazione a favore dei cittadini extracomunitari.
«In tale ambito si inseriscono stabili riferimenti anche in territorio marocchino - spiegano gli investigatori delle Fiamme gialle -, deputati a coadiuvare l’attività di rilascio dei documenti necessari alla celebrazione dei matrimoni in Marocco presso il Consolato generale d’Italia a Casablanca». Si tratta di una donna marocchina di 51 anni e della figlia di 26. C'era poi un secondo livello composto da affezionati testimoni di nozze e interpreti. Infine, una fitta rete di italiani, principalmente donne, in condizioni disagiate che venivano coinvolte, dapprima, per essere destinate a false nozze e poi per reclutare altre persone da indirizzare verso ulteriori matrimoni falsi.