Si tratterebbe dell'ennesimo caso di lupara bianca. Si scava nelle relazioni e nella quotidianità dell'allevatore di Petilia per capire cosa abbia armato la mano di chi l'ha ucciso
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L’auto bruciata. Prima il rogo, poi le piogge incessanti e il fango. Molti elementi fondamentali per le indagini distrutti per sempre. Chi ha rapito, ucciso e fatto sparire Massimo Vona è gente che mastica di crimine organizzato. Nessun allontanamento volontario, nessun dubbio ormai per gli inquirenti. Quello consumato a Petilia Policastro, nel Crotonese, è l’ennesimo caso di lupara bianca nella regione in cui in tanti, troppi, diventano fantasmi. Il caso è all’attenzione della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro.
Massimo Vona, 44 anni, allevatore con precedenti penali, scompare il 30 ottobre. Esce di casa nel primo pomeriggio. Deve dar da mangiare agli animali, dice. A casa, però, non ritornerà. E’ il cugino di Valentino e Giuseppe Vona, il primo ucciso e l’altro scampato all’agguato consumato in località Marrate di Petilia Policastro il 21 aprile del 2012. Fu la vendetta – riconosciuta tale dalla Corte di Cassazione con sentenza del 4 dicembre 2017 – per l’omicidio del boss Vincenzo Manfreda.
C’entra un regolamento di conti mai effettivamente saldati tra i clan locali o c’è altro? I carabinieri di Crotone, quelli del Nucleo investigativo provinciale e della Compagnia di Petilia Policastro non lasciano nulla al caso. Partono dalle relazioni, dai contatti, dalla quotidianità di Massimo Vona per poi risalire agli equilibri della geografia mafiosa petiliese, profondamente mutati dopo l’offensiva scatenata su input delle forze antimafia dal 2009, cioè dalla scomparsa di Lea Garofalo, fino a oggi.
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