La sesta sezione penale della Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la condanna che era stata pronunciata nei confronti di Giuseppe Santacroce, difeso dagli avvocato Aldo Ferraro e Salvatore Staiano e Antonio Santacroce, difeso dagli avvocati Aldo Ferraro e Vincenzo Cicino, per la coltivazione di oltre 5.600 piante di marijuana e la produzione di circa 600 kg di sostanza già essiccata.

I due erano stati condannati dal Tribunale di Vibo Valentia rispettivamente a 6 anni di reclusione il primo, e 7 anni di reclusione ed 80mila euro di multa il secondo, confermata dalla Corte di Appello di Catanzaro lo scorso 22 novembre 2021. I difensori hanno tuttavia impugnato tale condanna rilevando come l’azienda agricola Santacroce a Pizzo, sia invece una realtà aziendale florida e sana, per giunta autorizzata alla produzione di cannabis sativa dagli enti competenti ed hanno quindi posto l’accento sul particolare regime normativo che disciplina tale attività che espressamente contempla una esclusione di responsabilità per l’agricoltore nel caso in cui dovessero riscontrarsi valori di THC superiori alla soglia legale dello 0,2%.

Tale deduzione difensiva era stata rigettata dai giudici di primo grado e di appello perché ritenuta “scientificamente non convincente”, ma che oggi ha invece indotto la Corte di Cassazione ad annullare con rinvio quel pronunciamento di condanna.

La sentenza di oggi restituisce onorabilità e serietà alla azienda agricola della famiglia Santacroce, che da generazioni è impegnata nel settore florovivaistico, tanto che il suo presidente Andrea Antonio Santacroce, difeso anche lui dall’avvocato Aldo Ferraro, era stato già assolto all’esito del giudizio abbreviato cui aveva optato.

La sentenza di oggi ha nel tempo rigettato il ricorso proposto nell’interesse di altro imputato, Angelo Oppedisano, difenso dagli avvocati Guido Contestabile e Gaetano Pecorella.