VIDEO | Nel 1977, la donna fu giustiziata dai suoi familiari che non le perdonavano una relazione extraconiugale. Gli assassini uccisero anche il figlio di nove anni e il consorte poiché “reo” di non aver punito lui stesso l’infedeltà della moglie
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Fra le tante storie di sangue e vendetta che racconta la ‘ndrangheta, quella di Maria Rosa Bellocco è certamente la più atroce. Giuseppina Pesce l’ha appresa da sua nonna, quand’era ancora bambina. Ricorda perfettamente le soste che lei e l’anziana parente operavano davanti alla lapide di quella giovane mamma, in quella tomba che accoglie anche le spoglie mortali di suo marito e del loro figlioletto di nove anni. Tutti e tre trucidati a Rosarno, all’alba del primo settembre del 1977.
È una storia dimenticata quella ripercorsa nel corso dell'ultima puntata di Mammasantissima, ma anche «una vicenda che ci consente di decostruire il primo stereotipo su cui si fonda il potere ‘ndranghetistico, quello del non toccare le donne e non toccare soprattutto i bambini» spiega la sociologa Sabrina Garofalo. Anche Maria Rosa, discendente dell’omonima famiglia criminale, è cresciuta a pane e ‘ndrangheta. Non ha voluto sposare un uomo d’onore, suscitando così disappunto tra i suoi familiari, ma poi è arrivata a fare addirittura di peggio: si è innamorata di un altro. E questo, nel suo ambiente, non è ritenuto ammissibile.
«Il primo a parlare di questa vicenda, già a metà degli anni Ottanta, è stato il pentito Pino Scriva», sottolinea Michele Albanese. «Maria Rosa avrebbe tradito il marito. E quindi, secondo le regole distorte della ‘ndrangheta, dovevano essere gli esponenti diretti della famiglia Bellocco a lavare l’offesa. Quella donna doveva essere ammazzata. E doveva essere ammazzato anche il marito Mario perché non aveva avuto il coraggio di fare quello che poi la famiglia ordinò di fare».
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Il primo settembre del 1977, qualcuno suona al campanello di Maria Rosa e di suo marito. Quest’ultimo scende ad aprire il portone, ma viene raggiunto subito da una coltellata all’addome. Sua moglie intuisce cosa sta avvenendo, ma non ha vie di fuga. I sicari, o il sicario, vanno da lei e la uccidono a colpi di pistola. Prima, però, hanno rivolto l’arma anche verso il figlio Francesco, nove anni, uccidendolo con un colpo in testa. «E per rafforzare il messaggio, Maria Rosa viene sfigurata in volto. Così da annullare definitivamente quel volto che aveva osato attrarre altri uomini».
Quel giorno, nell’orrore di via Stazione, trova posto anche un rigurgito di pietà. Nella stessa casa, infatti, c’è un bimbo di tre anni, testimone silenzioso e inconsapevole del massacro della sua famiglia. Gli assassini gli risparmiano la vita. «Tutta la gente sapeva che i mandanti erano i familiari di Maria Rosa. La strage avviene in una palazzina in cui abitano altri esponenti della famiglia che dichiarano di non aver sentito alcun rumore. Il neonato piangerà per tutta la notte, ma le forze dell’ordine saranno avvertite solo il giorno dopo» aggiunge Sabrina Garofalo.
È una storia che in Giuseppina ha lasciato un segno. Un pensiero più di altri la tormenta: che un brutto giorno questa possa diventare la sua autobiografia. «Anche io – dice ai magistrati - collaborando con la giustizia, arreco disonore alla mia famiglia. E non voglio che capiti la stessa cosa a me e ai miei figli». Davanti a lei c’è il pm Alessandra Cerreti che, in quel drammatico momento ricostruito in “Mammasantissima”, le risponde così: «Niente di tutto questo accadrà a lei o ai suoi figli». Anche questa, però, è un’altra storia.